Lo chiamavano Jeeg Robot (2015): Recensione

Lo chiamavano Jeeg Robot, recensione del film diretto da Gabriele Mainetti nel 2015 con Claudio Santamaria, Ilenia Pastorelli e Luca Marinelli

VOTO MALATI DI CINEMA 7.5 out of 10 stars (7,5 / 10)

Lo Chiamavano Jeeg Robot è un film italiano del 2015. In questo film, considerato dalla critica uno dei film italiani più belli di questi ultimi anni, si narra di Enzo Ceccotti, un delinquente romano , interpretato dall’attore Claudio Santamaria. La storia è ambientata a Roma, nel quartiere di Tor Bella Monaca, e qui Claudio , dopo un inseguimento con la polizia, cade nel fiume Tevere. Una volta tornato a casa, Enzo scopre di aver ottenuto dei poteri sovrannaturali e di essere diventato molto forte. Inizialmente, lui usa questi poteri per fare alcuni furti ma , quando incontra la curiosa figura di Alessia, decide di utilizzare la sua potenza per un qualcosa di più importante: inizia quindi una difficile storia tra i due ed Enzo viene a conoscenza di un famoso e giovane boss mafioso che controlla il traffico della droga e degli immigrati a Roma. La storia, quindi, ci porterà a vivere un duro scontro tra questi personaggi, cioè Enzo e il boss,soprannominato Lo Zingaro, in una città suggestiva come la capitale italiana e mediante la tecnica incredibile di uno dei registi emergenti nel cinema italiano.

Enzo è un personaggio molto particolare che vive una vita isolata, tra mafia, furti e la passione per il porno che lo portano ad essere una persona estremamente silenziosa la cui personalità e psicologia sono evidenziate numerose volte nel corso del film mediante primi piani, inquadrature facciali e un perfetto utilizzo del linguaggio del corpo. Il delinquente romano è interpretato nel film da Claudio Santamaria, attore italiano nato nel 1974 , che mediante la sua perfetta interpretazione riesce a vincere, proprio nel 2016 e con questo film, il David di Donatello come miglior attore protagonista. Il premio è il degno riconoscimento per un lavoro che, come detto da Claudio in molte interviste, è iniziato molto prima dell’uscita del film. Oltre al suo incredibile talento, l’attore romano, infatti, ha dovuto ingrassare molto (circa 20 kg) per interpretare Enzo così come Mainetti aveva deciso. Il personaggio più importante del film è probabilmente Alessia, interpretata da Ilenia Pastorelli, una ragazza molto problematica, con una personalità infantile a causa dei molti traumi subiti, come la morte della madre e le violenze domestiche che subisce continuamente dal padre. Alessia è uno dei personaggi fondamentali del film, su cui gli sceneggiatori dichiarano di aver lavorato molto e con estrema cura, perché è proprio lei a riconoscere in Enzo e nei suoi poteri la figura di Jeeg Robot (Iroshi Shiba), personaggio di uno dei principali manga giapponesi, con cui instaura poi un rapporto umano molto contrastante.

Lo chiamavano Jeeg Robot

Il titolo del film è, perciò, un chiaro riferimento a questo fatto. Ilenia Pastorelli è un’ attrice romana nata e cresciuta a Tor Bella Monaca e alla sua prima esperienza come attrice in un film. L’attrice riuscirà a creare un personaggio molto importante nella storia, con una personalità difficile, a cui Enzo si immediatamente affeziona. Mainetti , quindi, decide in questo film di fare un’altra
grande scommessa, affidando ad un’attrice al suo primo film un ruolo decisamente importante nella storia.
Lo Zingaro, invece, è giovane boss mafioso di quartiere, un personaggio cattivo, senza pietà, ma soprattutto folle e ironico, tant’è che ricorda proprio per questo un altro grande cattivo del cinema americano, cioè il Joker di Heath Ledger nel Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan. Lo Zingaro è, però, un cattivo” italiano”, cultore della musica, eccentrico e amante delle donne anni 80, ispirato per la sua pazzia ad Hannibal Lecter, il folle omicida de “Il silenzio degli innocenti”. Ad interpretare uno dei cattivi italiani più rappresentativi degli ultimi anni è Luca Marinelli, giovane promessa del cinema italiano, attore a cui non piace recitare personaggi cattivi ma che interpreta magistralmente la figura dello Zingaro, personaggio che sembra creato per lui, un attore straordinario che diventerà sicuramente uno dei migliori attori italiani. Questo è probabilmente il nostro personaggio preferito.
Interpretazione pazzesca, GENIALE!

La storia, quindi, metterà di fronte questi due personaggi opposti in un combattimento finale allo Stadio Olimpico di Roma, diretto magistralmente dal regista Mainetti che, avendo a disposizione un budget limitatissimo per la scena(40mila euro) crea uno scontro perfetto, utilizzando effetti speciali e riprese specifiche per rendere il più verosimile possibile la storia e, soprattutto, per portare al cinema un film italiano con un finale finalmente spettacolare, capace di rendere ridicolo perfino il duello tra Batman e Superman in Batman vs Superman per cui sono stati spesi molti più soldi (250 milioni). La scena finale, inoltre, è interamente recitata dai due attori italiani, senza l’utilizzo di stuntman, per ottenere un risultato il più verosimile possibile.
Il regista e produttore del film è Gabriele Mainetti, nato nel 1976 e al suo primo lungometraggio. Precedentemente aveva diretto altri cortometraggi, come Basette e Tiger Boy, entrambi ispirati a personaggi dei fumetti o dei cartoni. È un film assolutamente innovativo, lontano anni luce dal cinema americano, in cui tutto è monotono e ripetitivo. Lo Chiamavano Jeeg Robot è il film perfetto, con una sceneggiatura curatissima, che rappresenta l’esatto contrario dei film americani sui supereroi. Anche il nostro eroe, è vero, si riscatta da una situazione difficile, ma, in questo caso, lo fa senza mai cambiare veramente. All’inizio della storia è un personaggio completamente opposto al Bruce Wayne di Nolan, e i suoi nuovi poteri non lo portano a nessun cambiamento. È proprio questa rappresentazione crudele e davvero perfetta della realtà che rende il film adorabile. Parliamo di un supereroe che, però, in fondo non è davvero un supereroe, è un supereroe sbagliato che vive in un quartiere sbagliato e una città sbagliata. Il cattivo, inoltre, è un’altra chicca del film assolutamente da amare. Un villain ispirato ai cattivi americani ma che si contraddistingue da essi perché è davvero ironico, tanto che è quasi impossibile odiarlo veramente. Non a caso, nelle scene migliori del film lui c’è sempre, l’uomo medio italiano con una personalità elevatissima e pieno di cattiveria. Per non parlare di Alessia, che tutti si aspettano essere la classica donna che si innamora dell’eroe di turno. Il personaggio inventato da Gabriele Mainetti, invece, è assolutamente perfetto per la storia, una donna quasi pazza, che confonde la realtà con il mondo dei manga e che crea, nello spettatore, una continua voglia di approfondire la sua conoscenza. Alla fine di ogni scena e del film, infatti, non è possibile ancora capire questa figura, è come se ci fosse sempre qualcosa di nascosto, imprevedibile e misterioso nel suo carattere. È un po’ come tutto il film, si cerca sempre di capirne nuovi dettagli e man a mano che la storia va avanti, cresce la curiosità di capire come andrà a finire, chi riuscirà a vincere definitivamente questo scontro tra bene e male, anche se a volte essi si fondono, è impossibile capire chi sia il buono e chi il cattivo, dove finisca la dolcezza e inizi la pazzia e la genialità di questo film e dei suoi personaggi.

Gabriele Mainetti è assolutamente magistrale nel ruolo di regista. Era una sfida quasi folle decidere di produrre un film supereroistico in Italia dove l’innovazione non c’è più da molti anni. Finalmente, però, possiamo dire di essere davanti ad un film innovativo, che rappresenta una novità e che introduce delle novità. Perché il cinema italiano ha bisogno di supereroi, ha bisogno di buone storie su cui creare film e,soprattutto, ha bisogno di registi come Gabriele Mainetti. Perché se un giorno potremmo tornare a vedere film italiani davvero belli, il merito è anche suo e del suo cast, capace di portare al cinema un film bello ed emozionante, all’altezza, se non superiore, del cinema americano.

(A cura di Mattia Sfratato e Riccardo Sestili)

SEGUI MALATI DI CINEMA SU FACEBOOK