Viral (2016): Recensione

Viral, recensione del film horror/drammatico diretto da Henry Joost e Ariel Schulman nel 2016 con protagoniste Sofia Black-D’Elia e Analeigh Tipton

VOTO MALATI DI CINEMA 6.5 out of 10 stars (6,5 / 10)

L’ennesimo lungometraggio riguardante i virus e gli infetti, questa volta diretto dal duo Henry Joost/Ariel Schulman (Paranormal Activity 3, Paranormal Activity 4, Catfish), scava nella psiche umana come già accaduto l’anno precedente con Maggie (Contagious – Epidemia mortale) con protagonista Arnold Schwarzenegger. Questa volta sono due sorelle ad essere coinvolte in questa drammatica vicenda, una delle tante pellicole sul contagio che pone fortemente la questione che più affligge lo spettatore alla visione: ce la faremo ad uccidere un nostro caro in caso di epidemia batteriologica?

Viral è essenzialmente questo. Una grossa domanda esistenziale che gira intorno all’indole umana fatta per lo più di egoismo laddove però il legame familiare è talmente forte da proteggere a costo della propria vita il malcapitato.
Emma Drakeford (Sofia Black-D’Elia) è una studentessa timida e romantica. Innamorata di Evan (Travis Tope) non riuscirà mai a “concludere” sul più bello per via di una strana epidemia che dalla California si espande a macchia d’olio, fino ad arrivare nella sua città. Uno strano e non identificato parassita si insinua all’interno delle persone, controllandone la mente e successivamente il corpo. Lo sfortunato una volta contagiato verrà controllato come una marionetta dal parassita, diventerà completamente cieco, ma sarà in grado di attaccare chiunque gli capiti a tiro grazie ad un udito potenziato.
Emma proverà in tutti i modi a salvare la sorella Stacey (Analeigh Tipton) con metodi artigianali imparati durante le lezioni di Scienze.

Il buon lavoro di montaggio è il punto di forza di questo film indipendente che non ha nulla da invidiare alle grandi produzioni, specialmente quelle attuali, dove il “banale” è raccontato spesso con effetti speciali di dubbio gusto e sceneggiature approssimative. Viral invece riesce ad essere pulito nella linearità ed è capace di unire il doppio dramma (epidemia e famiglia) in modo coerente e sorretto da un’ottima fotografia.
Il finale telefonato non intacca la buona riuscita del prodotto e pone le basi per un sequel.

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