A Beautiful Mind (2001): Recensione

A Beautiful Mind, recensione del film del 2001 diretto da Ron Howard ispirato alla vera vita del matematico John Nash, interpretato da Russel Crowe

VOTO MALATI DI CINEMA 8 out of 10 stars (8 / 10)

A Beautiful Mind è il capolavoro di Ron Howard, interpretato da Russel Crowe nel 2001.
Nel film sono trattati alcuni aspetti della vita e della carriera di John Nash, il celebre matematico ed economista statunitense del Novecento, vincitore di un premio Nobel per l’economia nel 1994.
L’opera mette in mostra per lo più, un enorme disagio che ha caratterizzato la vita di Nash per oltre vent’anni, la schizofrenia.

Howard ha deciso di suddividere il film in due grandi momenti: un primo, in cui lo spettatore è catapultato in un mondo fatto di numeri e follia, convincendosi quasi che tutto ciò che veda sia realtà e un secondo, in cui appare chiara la malattia di Nash.

La prima parte del film, ci presenta Nash come un giovane studente di matematica, chiamato a prestare servizio presso il pentagono, come interprete di codici segreti, riguardanti le intenzioni dei Paesi dell’Unione Sovietica di attaccare gli Stati Uniti d’America.

Lo spettatore si convince di ciò che vede, confuso anche dalla più che reale nascente storia d’amore tra John e Alicia. Dopo un momento al quanto confusionario, in cui Nash durante un convegno viene inseguito da un uomo e caricato a forza su un’automobile, entriamo nella seconda parte del film, capendo che ciò a cui si è appena assistito non è stato altro che un ricovero coatto e che molte delle cose viste fino a quel momento siano del tutto inesistenti.

In questa secondo momento del film, possiamo osservare il percorso terapeutico seguito da Nash per non molto tempo e la successiva scelta di rinunciare alle cure e ai farmaci, i quali impedivano alla sua mente di risolvere problemi matematici, la sua più grande passione. Rinunciato ai farmaci Nash, continua la sua cura, la più efficace. La cura dell’amore. Con il sostegno di sua moglie Alicia (Jennifer Connelly), affronta la schizofrenia, ignora le allucinazioni e porta avanti il suo sogno, fino alla vittoria del tanto ambito premio Nobel.

La critica più vera a questo film arriva proprio dal matematico Nash, ancora in vita nel 2001, che definisce il film “esagerato”, nella messa in scena delle sue allucinazioni. Nash, dichiara che queste non fossero altro che un ammasso di voci e pensieri confusi, intrappolati nella sua mente e non visioni realistiche come quelle riportate.

Il matematico soffriva infatti di schizofrenia paranoide con deliri di grandezza e questa in forma sono solite prevalere le idee del soggetto, il quale si convince di essere molto importante e di avere una sorta di “potere”, di “dono” che fa sì che ci si possa illudere di riuscire a far cose un po’ fuori dal comune e surreali. Il grande matematico, dichiara però anche di aver apprezzato gli sforzi degli autori nello spiegare la teoria dei giochi, una teoria definita da lui stesso, quasi impossibile da spiegare da persone non competenti di matematica ad un pubblico medio.

Possiamo dire in conclusione che il film sia un perfetto punto di incontro tra logica e follia, tra razionale e irrazionale. Un film perfetto, per evadere per un paio d’ore dalla realtà ed abbandonarsi ad una folle visione.

(A cura di Francesca Ruscito)

 

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