Agente 007 – Missione Goldfinger (1964): Recensione

Agente 007 – Missione Goldfinger, recensione del film diretto da Guy Hamilton nel 1964, terzo capitolo della serie con protagonista James Bond interpretato da Sean Connery

VOTO MALATI DI CINEMA 8 out of 10 stars (8 / 10)

Chi altri, se non James Bond, può emergere dal mare come un dio greco e tolta la muta da sub, sfoggiare un impeccabile smoking bianco senza una piega?
Questo è il folgorante inizio della terza avventura dell’agente inglese, apparsa sugli schermi nel 1964 per la regia di Guy Hamilton, forse la più classica delle avventure dell’agente più amato della storia del cinema.

Questa volta l’indiscusso sex simbol se la dovrà vedere con Auric Goldfinger, interpretato da Gert Fròbe, l’uomo più ricco al mondo e proprietario di un enorme quantità d’oro.

Il diabolico piano di Goldfinger prevede di far espodere una microcarica atomica all’interno di Fort Knox, in modo tale da contaminare l’intera riserva aurea degli Stati Uniti e facendo così schizzare alle stelle la quotazione del suo oro. Solo il mitico James Bond riuscirà a svelare il suo macchinoso piano e a fermare il timer della bomba (guarda caso proprio quando mancano 007 secondi all’esplosione!!).

Terzo film della saga 007 per la terza volta con Sean Connery nei panni di James Bond

Agente 007 – Missione Goldfinger, oltre ad essere probabilmente il miglior Bond di sempre, è passato alla storia anche per essere il più osé della serie ed ebbe per questo seri problemi di censura, vedi il personaggio di Pussy Galore, omosessuale che cambierà gusti grazie a James B. (il cui nome in inglese è un chiaro ed entusiastico richiamo ai genitali femminili), ma soprattutto nell’emblematica scena in cui l’attrice Shirley Eaton appare completamente nuda e ricoperta di vernice d’oro. Come se tutto ciò non bastasse ad accrescere il mito della pellicola, bisogna ricordare che Agente 007 – Missione Goldfinger ha introdotto per la prima volta tutta una serie di gadget che diventeranno poi inseparabili icone del personaggio a cominciare dalla fiammante Aston Martin DB4, dotata dei più diabolici marchingegni: dal seggiolino eiettabile allo scudo antiproiettili, ai rostri che escono dai mozzi, alle mitragliette nascoste nei fari. E pensare che nel romanzo di Fleming Bond avrebbe dovuto viaggiare su di una vecchia Bentley, sostituita grazie a un’idea dello scenografo Ken Adam, facendo così la fortuna della casa automobilistica inglese che all’inizio non voleva neanche fornire l’auto alla produzione. In seguito all’uscita del film incrementò le vendite del 60%!

Tra gli altri gadget che resero famoso il film bisogna ricordare il cappello a lama circolare di Oddjob, il fucile laser e il tavolo da biliardo ribaltabile di Goldfinger.

Tutto questo è Agente 007 – Missione Goldfinger, il film che al di sopra di ogni altro ha consacrato il mito dell’ineffabile Sean Connery.

(A cura di Matteo Riva -il Piui- su Facebook)