Peter Rabbit (2018): Recensione


Il 22 marzo esce nelle sale italiane il live-action di Peter Rabbit diretto da Will Gluck e interpretato da Domhnall Gleeson, pellicola che si ispira ai racconti di Beatrix Potter

VOTO MALATI DI CINEMA 7 out of 10 stars (7 / 10)
VOTO ARTICOLISTA 9 out of 10 stars (9 / 10)

Il personaggio di Peter Rabbit fu creato per la prima volta da Beatrix Potter nel 1893 con “Il racconto di Peter Coniglio”, forte di oltre 40 milioni di copie vendute in tutto il mondo. L’intera serie di Peter Rabbit, invece ne ha vendute oltre 150 milioni.

Peter Rabbit è un piccolo coniglio molto vivace e imprudente. Insieme alle sue sorelle gemelle si guadagna da vivere dopo la morte dei loro genitori rubando dall’orto del vicino, il Sig. McGregor. Un giorno il loro vicino viene a mancare a causa di un infarto e lascia in eredità l’orto ad un suo lontano nipote, con cui ci sarà nuovamente un rapporto burrascoso per procurarsi il cibo ma ancor di più per il cuore della bella Bea, la vicina di casa amica dei conigli di cui si prende sempre cura e difende con ogni suo mezzo.

Questo live-action non segue le orme dei racconti di Beatrix Potter, infatti abbiamo un cambiamento per renderlo più attuale ma ben riuscito poiché può divertire i più piccoli ma credo possa insegnare anche agli adulti che non sempre la paura di perdere qualcosa ci deve spingere a combinare disastri e a cambiare la nostra natura. Questo film non è solo per bambini, anzi, fa riflettere tutte le generazioni sul potere dell’amore, l’importanza della famiglia e il rispetto reciproco.

Il protagonista Peter (doppiato in modo al quanto geniale da Nicola Savino) non è solo un coniglio combina guai e pieno di risorse, ma lo vediamo anche nei panni di un capo di famiglia intento a fare di tutto per non far mancare niente alle sorelle e per non deludere il padre. Ha un animo nobile e si prende le sue responsabilità, rendendo questa caratteristica uno dei messaggi che il film vuole farci osservare con attenzione.
Il morale della “favola” è che chiedere scusa o ammettere le proprie colpe non è una debolezza ma un segno di forza, senza dimenticare il valore della famiglia e i nostri principi.

(A cura di Federica Bellini)