Il favoloso mondo di Amélie (2001): Recensione


Il favoloso mondo di Amélie (titolo originale: Le Fabuleux Destin d’Amélie Poulain) recensione del film scritto e diretto da Jean-Pierre Jeunet con protagonista Audrey Tautou

VOTO MALATI DI CINEMA 8.5 out of 10 stars (8,5 / 10)

Una collezione di fototessere dimenticate e custodite dalle macchinette ingiallite delle stazioni ferroviarie, un grottesco fruttivendolo con spiccato senso estetico per le rape rosse, l’amore disinteressato di un’eccentrica casalinga per il marito adultero assente da vent’anni: questi, e molti altri, gli spunti curiosi raccontati dal brillante film di Jean-Pierre Jeunet.

Protagonista una giovane parigina stravagante: alle spalle un’infanzia morigerata, vissuta all’insegna della solitudine che i genitori le hanno imposto, con uno sguardo tutto suo sul mondo e abitudini pittoresche. L’occhio dello spettatore è guidato ora dalla voce paterna di un narratore onnisciente, ora dalle note romantiche di una colonna sonora che abbraccia ogni inquadratura nelle sue scolorite tinte pastello. Sullo sfondo una perfetta Parigi del popolo, un condominio dalle atmosfere provinciali, e un piccolo caffè dall’aspetto provenzale.

Amélie, magistralmente interpretata nella sua buffa e perpetua alienazione da Audrey Tautou, in seguito al casuale ritrovamento di un vecchio cofanetto nascosto in una feritoia del muro di casa sua, sceglie di dedicarsi al bene altrui, e fare della felicità di chi le sta intorno la sua personale vocazione. Tra un dispetto ad un prepotente e una missione di redenzione del proprio svilito padre, Amélie trova l’amore: Nino, tanto estroso quanto lo è lei, seppur più ardito. Con l’aiuto di un vecchio pittore malato ed eremita, i due cercheranno di trovare uno spazio tutto loro nel mondo: un mondo da condividere, spaventosamente reale, pieno, e meravigliosamente semplice.