Noi (2019): Recensione

Noi (titolo originale: Us), recensione del film diretto da Jordan Peele con protagonista Lupita Nyong’o. Nelle sale dal 4 aprile 2019

VOTO MALATI DI CINEMA 6 out of 10 stars (6 / 10)

Un teatrale tuffo nei meandri più inquietanti del nostro inconscio

Adelaide Wilson, interpretata magistralmente dal premio Oscar Lupita Nyong’o, dopo la morte dei suoi genitori fa ritorno nella sua casa d’infanzia durante le vacanze estive. Con lei ci sono suo marito (interpretato dal simpatico Winston Duke) e i loro due figli, Zora (rappresentata dalla talentuosa Shahadi Wright Joseph) e Jason (Evan Alex). Quella che sembra una promettente estate californiana si rivela ben presto un incubo ad occhi aperti: Adelaide vive un trauma irrisolto della sua infanzia, che pur essendo lontano nel tempo torna a galla non appena fa ritorno nella casa dei genitori. I ricordi disturbanti e quasi opprimenti sfociano in una vera e propria paranoia dopo aver trascorso una giornata al mare con i vicini, la famiglia Tyler. Rincasati, tutte le paure e le sensazioni negative di Adelaide prendono forma: alle 11:11 (23:11), i Wilson vedono le sagome di quattro figure con indosso delle tute rosse che si tengono per mano, sul loro vialetto. I quattro sono dei doppelgänger, ovvero i loro doppi, che dopo anni di frustrazione e dolore per una vita vissuta all’ombra dei loro corrispettivi umani, sono venuti alla luce per vendicarsi.

Il film, scritto e diretto da Jason Peele e nelle sale a partire dal 4 aprile, affronta una tematica sulla carta molto interessante, che è quella della cosiddetta bilocazione, ovvero il duplicato spettrale o reale di ognuno di noi. Questo topic, figlio di una tradizione letteraria molto florida (basti pensare a “Dr. Jekyll e Mr. Hyde”, “Il sosia” o “Il ritratto di Dorian Grey”) ha trovato terreno fertile anche nella produzione cinematografica fin dai primi film realizzati (“Lo studente di Praga”, diretto da Stellan Rye nel 1913, o “La donna che visse due volte”, di Hitchcock, e ancora “Shining”, “Mulholland Drive”, “The prestige”, “Il cigno nero”). Pur partendo da una base solida e ad alto potenziale, Noi, che ben promette nei primi 40 minuti, si sgretola poi piano piano, precipitando man mano verso il finale. Nonostante gli ottimi presupposti sia a livello di trama (l’intuizione di Peele sull’antefatto ha del fascino) che di costruzione dialogica (gli scambi comunicativi tra Adelaide e il suo doppio, Red, sono molto interessanti), il film finisce con il risultare una sorta di horror pregiato, ma con l’ambizione di un thriller psicologico.

A dispetto di quanto giudicato come un film leggermente deludente, i dati del botteghino sono stati decisamente positivi: con 20 milioni di budget, ad oggi, 30 marzo, il box office ha registrato 118 milioni di dollari di guadagni. Probabilmente hanno giocato a suo favore l’ottima l’interpretazione di Lupita Nyong’o, disturbante e profonda al tempo stesso. Forse anche l’interessante tono di voce tragicomico che il regista sceglie di far emergere a tratti, così come lo studio che ha fatto nella scelta dei nomi dei “doppi maligni” (https://slate.com/culture/2019/03/us-movie-tethered-names-red.html) e, da ribadire, la forza del nucleo narrativo, caratterizzato da un solido antefatto. Purtroppo l’intreccio non rende giustizia all’idea di partenza di Peele, che dopo “Get Out” sembra aver creato un prodotto sotto le aspettative.