I morti non muoiono (2019): Recensione

I morti non muoiono, recensione del film diretto da Jim Jarmusch con un cast stellare. Uscito nelle sale italiane il 13 giugno 2019

VOTO MALATI DI CINEMA 6.5 out of 10 stars (6,5 / 10)

A Centerville, poiché la terra non è più in asse (già qui la metafora psicoanalitica potrebbe essere implicita), accadono una serie di fenomeni alquanto strani. Già il nome della città (“villa al centro”) assume un significato simbolico. Gli stimoli potrebbero essere molti, ma nel film rimangono taciuti e non espressi.

Per quanto concerne la trama, a seguito di questa anomalia iniziano una serie di strane situazioni: la radio non prende, gli animali iniziano a fare cose bizzarre; ma la cosa più inquietante la troviamo nei morti che escono dalle tombe alla ricerca di sangue e… caffè. Insomma, i morti non muoiono!

Il cast è stellare.
Il film probabilmente non rende merito a questi attori (Bill Murray su tutti, Adam Driver, Chloe Sevigny, Selena Gomez, Tilda Swinton, Steve Buscemi, Tom Waits, Danny Glover). I dialoghi rasentano il grottesco; a volte stimolano l’attenzione, alle volte al contrario risultano ridondanti.

I temi impliciti del film sono i seguenti: la critica alla società americana, di cui Tom Waits nel monologo finale descrive la nostra società consumistica fatta di zombie che non muoiono e che cercano caffè. Un altro tema tangente a quello precedente è la questione ambientale. Credo che il regista abbia raffigurato, sicuramente in maniera grottesca, la fine del mondo in cui il disastro ambientale genera degli zombie. Secondo l’analisi del regista la questione ambientale può sovvertire le leggi della natura (“i morti non muoiono”) generando appunto l’apocalisse.

Un aspetto, più dal punto di vista cinematografico, è il “meta”, l’altro inserito nell’altro. Mi spiego meglio: sono rimasto piacevolmente sorpreso quando il protagonista (Adam Driver) afferma che questa storia non finirà bene perché ha letto tutta la sceneggiatura e di conseguenza Bill Murray se la prende con il regista (“ma perché tu lo hai letto ed io no? Io per il regista ho fatto un sacco di cose). Diciamo che è un film/meta film. Ci sono anche diversi rimandi ad altri film horror e citazioni.

Dal punto di vista più psicologico i veri protagonisti non sono gli attori (anche se sono stati caratterizzati nei minimi particolari), ma sono gli zombie.

Dal punto di vista psicoanalitico i non morti, o gli zombie, non sono né in vita e né morti. In termini psicodinamici, rifacendosi al pensiero del buon vecchio Bion, raffigurano l’incapacità del contenitore di accogliere la “morte” (non in termini biologici, ma psicologici). La morte di cui parlo è una morte più psichica e psicologica da non confondere con quella biologica.

Nel film i non morti smettono di esistere (quindi finalmente muoiono) non appena vengono colpiti alla testa o decapitati. Sicuramente questo aspetto è un rimando ad altri film horror di cui non sono a conoscenza, ma dal punto di vista più simbolico l’atto di tagliare la testa o di decapitare lo zombie rappresenta la fine (la morte) di quella funzione mentale (distorta) che lo tiene in vita. In termini psicoanalitici lo zombi rappresenta un individuo che muore e non muore proprio perché incapace di avere una funzione mentale, una funzione di pensiero che gli permetta di elaborare la fine e la morte. È dotato di un pensiero semplice votato all’appagamento di un bisogno (in termini psicologici parliamo di godimento per il godimento).

Gli zombie sono assetati di vita, di sostanze eccitanti proprio perché non sono in vita. Inoltre incapaci di entrare in relazione con un altro. Riformulando e parafrasando un po’ il pensiero di Lacan, per gli zombie “L’altro” non può esistere, sono imprigionati alla ricerca di un soddisfacimento, di una pulsione di morte acefala, priva di un reale appagamento. Non sono né morti e né vivi, l’anello di congiunzione tra l’essere in vita e il non essere morti è la testa che però non simbolizza per come dovrebbe (attuare una capacità simbolica che permetta loro di elaborare la morte), anzi, essa soggioga lo zombi alla ricerca di un qualcosa che non è vita e che possiamo chiamare impulso di morte che appaga il godimento per godimento.

Attraverso il pensiero di Lacan potremmo dire che negli zombie prevale la pulsione di morte che annichilisce totalmente una capacità umana fondamentale: quella desiderante. Gli zombie sono imprigionati dall’appagamento del loro godimento e non sono capaci di desiderare perché per farlo occorre considerare l’altro come portatore di vita e non come un oggetto da azzannare.

Per concludere, il film poteva essere migliore e più complesso; i presupposti erano ottimi ma si perde risultando a volte anche noioso.