Brave ragazze (2019): Recensione

Brave ragazze, recensione del film diretto da Michela Andreozzi con protagoniste Ambra Angiolini e Ilenia Pastorelli. Nelle sale italiane dal 10 ottobre 2019

VOTO MALATI DI CINEMA 8 out of 10 stars (8 / 10)

Ahhh! Che meraviglia!
Un cast tutto femminile, una regista donna, qualche uomo e Luca Argentero!
Diffidate da chiunque vi dica che Brave Ragazze è un Film su quattro donne che fanno le rapine.
Quest’opera, tratta da una vera storia Francese, dimentica tutto dei vivaci anni 80, lasciando solo ed esclusivamente una cosa: La condizione della donna.

Siamo nel 1982, Pierino colpisce ancora è al Cinema, gli AC/DC due anni fa hanno pubblicato Back in Black e la Williams guidata da Keke Rosberg vincerà il mondiale di Formula 1.

Nel frattempo:
Anna, interpretata da Ambra Angiolini, si trova con due figli a carico, nessun lavoro e senza marito.
Chicca, interpretata da Ilenia Pastorelli, è una ragazza tosta, omosessuale negata e soprattutto anche lei squattrinata.
Maria, interpretata da Serena Rossi (Troppo napoletano, Squadra mobile, Il clan dei camorristi), è una donna “casa e chiesa”, intrappolata con un marito violento, geloso e oppressivo… Insomma, un vero e proprio maschio “αlpha” Italiano, interpretato da Massimiliano Vado (Nove lune e mezza, Stai lontana da me, Nessuno mi può giudicare).
Caterina, sorella di Chicca e interpretata da Silvia D’Amico (Non sono un assassino, Finché c’è Prosecco c’è speranza, Non essere cattivo), è una cameriera balbuziente che perde il lavoro per via della sorella.
Luca Argentero invece è un detective… scusatemi, commissario, appena trasferitosi a Gaeta (dove il film è ambientato) e che di nome fa Gianni Morandi.
E poi c’è un prete interpretato da Massimiliano Tortora, che è qualcosa di meraviglioso.
Queste quattro donne, stanche di vivere nella condizione sociale in cui si ritrovano, decidono di guadagnare del denaro organizzando una rapina.

Tutto questo sono solo i primi 20 minuti di Film. Il Film riguarda il “dopo”, di tutto ciò.
Qui ci troviamo nella stessa situazione di Joker: la società ti schiaccia e tu reagisci.
Fin da subito la fotografia di Giovanni Canevari (Moschettieri del re – la penultima missione, Natale a Miami, Manuale d’amore 1,2 e 3), non mi è piaciuta, continuavo a chiedermi “dove sono gli anni 80 qui?”, ma poi ho capito. Non c’è nulla di bello e sfarzoso da mostrare qui. Scordatevi Andy Warhol, la Milano da bere, la Lancia che vince i mondiali di rally o gli Eurythmics.
Questa è la realtà, ed è la realtà degli esseri umani.
Lo si capisce anche dal perfetto dosaggio di comicità del film. Infatti, chi ha creato questa pellicola è tra i pochi che ha capito che drammatizzare eventi drammatici è noioso, scontato oltre che inutile.
Urrà, direbbe qualcuno.
E la drammaticità è tanta, credetemi.
Parliamo di una crociata, che è ancora in corso, e che durerà ancora per un po’. Ma non troppo.
Questo film grida che la donna deve essere libera. La donna non è un macchinario espelli bambini o un robot stira-panni. La donna è un essere umano, e il fatto che ha la capacità di dare alla luce vita non dovrebbe essere uno svantaggio. Mai. In nessun caso.
Eppure lo è.
Le lotte per il diritto di maternità, il diritto di voto (le Suffragette), la lotta contro la legge 544 in merito allo stupro, la parità dei sessi… Il film rappresenta tutto questo. E rappresenta anche le difficoltà delle persone omosessuali in un paese falsamente cattolico, dove il buon costume regna e dove la domenica si va a messa mentre il resto dei giorni a puttane e trans. Le stesse persone contro cui si punta il dito.

Altro punto saliente di quest’opera è la recitazione.
Il line-reading è mostruoso, nessuna battuta suona finta e il tono vocale è sempre appropriato, persino le punch-line sono fatte benissimo (cosa estremamente rara nei film nostrani).
Le performance sono dotate di un realismo di fondo, che è veramente soddisfacente mischiato a quello che potremmo definire il surrealismo alla Nicolas Cage (o alla Christian De Sica, fate voi).
Infatti, dove abbiamo l’estremo realismo della performance dell’immensa Stefania Sandrelli, all’altro capo dello spettro abbiamo l’accelerato Prete di Massimiliano Tortora.
Anche i personaggi sono equilibrati, come Chicca e Caterina, rispettivamente la sorella cattiva e quella buona.

“Perfettamente bilanciato… Come tutto dovrebbe essere”.

Da lodare la performance di Ambra Angiolini, che ha forgiato un accento napoletano credibilissimo (mi sono ricordato che Ambra è Romana solo quando l’ho letto su wikipedia dopo la visione film), ma anche quella di Ilenia Pastorelli, che diventa sempre meglio ad ogni prova recitativa che affronta.
Per quanto riguarda Serena Rossi e Silvia D’Amico, la prima è assolutamente immensa in questo Film, mentre la seconda ha elaborato una delle rappresentazioni di balbuzie più accurate che abbia mai visto.
Il ruolo stereotipato del bel fustacchione è affidato a Luca Argentero, che interpreta egregiamente, e che è veramente aperto ad ogni tipo di interpretazione.
Personalmente, credo che stia a significare che non bisogna puntare il dito contro “l’uomo”, ma contro il sistema.

Michela Andreozzi, la regista, ha messo insieme una bell’opera.
La regia sfila, ed è molto pulita. Anche gli inseguimenti sono convincenti.
Mentre la sceneggiatura, scritta dalla stessa Michela e Alberto Manni, non è mai scontata o banale, e gode di dialoghi curiosi e originali.
Ho apprezzato molto l’idea (geniale) di ambientare la pellicola in un luogo dove coesistono Napoletani e Romani assieme: Gaeta.

Attendo con ansia la ribalta delle donne nel Cinema.
Perché, se ci pensate, il Cinema non ha mai goduto del punto di vista femminile sul mondo.
Un territorio completamente inesplorato.

E secondo me, film come questo, sono la prova che sarà un territorio grandioso.