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VOTO MALATI DI CINEMA (4 / 10)
La visione di Non riattaccare fa sorgere un inevitabile paragone con una pellicola del recente passato. Nel 2013 uscì “Locke” che, per ambientazione e trama, lo ricorda molto. Purtroppo però l’opera di Lucibello non ha gli stessi pregi e non brilla neppure per altri meriti. Dovrebbe esserci tensione, suspence, adrenalina ma siamo invece presi allo stremo e non si vede l’ora di arrivare alla fine di questa disperata corsa notturna per mettere un punto ad una storia che sfugge di mano.
Irene è una donna che ancora soffre ma sembra risoluta a non tornare sui suoi passi cercando di dimenticare il passato accanto ad un altro uomo. Quando, nel cuore della notte, viene svegliata dall’ex Pietro in crisi e con intenti suicidari non esita a mettersi in macchina per raggiungerlo e cercare di salvarlo. Ad aggravare la situazione la scelta di contestualizzare la storia durante il primo lockdown del 2020 quando ci si poteva muovere solo per estrema necessità e c’era un controllo serrato su spostamenti anche di brevissimo raggio.
La scelta di far interpretare un ruolo così ostico a Barbara Ronchi è un salvagente perché, nonostante la scrittura con dialoghi poco incisivi ma soprattutto scontati, fa un enorme lavoro e si conferma una delle attrici più interessanti del panorama italiano. All’altro capo del filo la voce di Santamaria è un altro punto di forza della pellicola. La scrittura è l’anello debole di tutta la catena e sono provvidenziali le due aggiunte alla storia centrale che, pur rimanendo in superficie, creano un alleggerimento e danno spessore all’esigua trama. L’incontro di Irene con il maniaco alla pompa di benzina e il controllo che subisce da parte della polizia all’aria di servizio regalano due momenti di distrazione dalla storia principale che viaggia come un treno a folle velocità con il rischio altissimo di andarsi a schiantare, cosa che peraltro avviene inevitabilmente quando si sceglie di far terminare il tutto nel modo più rassicurante possibile, senza alcun colpo di scena che ripaghi della noia accumulata durante tutto lo sviluppo dell’idea.