VOTO MALATI DI CINEMA (7 / 10)
Il film è l’adattamento cinematografico del libro basato su storie vere pubblicato dall’avvocato Jean-Yves Moyart. Il punto di vista adottato è esclusivamente quello dell’avvocato difensore interpretato con la solita bravura recitativa che appartiene a Daniel Auteuil. In questo film l’attore firma anche la regia auto dirigendosi in un racconto processuale che ha nella tensione la sua cifra peculiare.
Il racconto ha un impianto molto classicheggiante e non si esce quasi mai da quell’aula di tribunale che diventa arena metaforica dove si affrontano un avvocato (il torero) e il pubblico ministero (il toro). Al centro dei due l’imputato che tiene tutti sotto scacco fino all’ultimo momento sviando tutti dalle certezze che si sono costruiti. Il finale è un colpo di scena che coglie tutti di sorpresa. E’ un crollo totale che travolge tutti come un’onda quando ormai non c’è più nulla da fare perché il danno è ormai compiuto.
Interessante la psicologia dell’avvocato che viene esplorata in tutte le fasi nelle quali si costruisce la difesa del proprio assistito: dalla presa in carico, dalla fiducia che si ripone nella confessione alla costruzione meticolosa di una difesa che convinca tutti gli altri attori in scena della veridicità delle tesi che si cerca con meticolosa perizia di architettare. Ogni frase, ogni gesto, ogni intonazione è propedeutica per convincere che quello che si sta asserendo è l’unica sola verità possibile. Eppure la giustizia nelle aule di tribunale è sempre appesa ad un filo (il titolo originale del film è appunto Le fil) che può ribaltare la situazione. E’ sufficiente una sola prova per scardinare un intero impianto accusatorio sebbene quest’ultimo si basi su molteplici elementi forti.
La misura del dubbio è un film che ha molti pregi. La scrittura dei personaggi, la recitazione, i dialoghi che sono efficaci pur nella loro asciuttezza e risultano comprensibili nonostante i tecnicismi. Un impianto registico che riesce a creare virtuosismo anche in assenza di scelte non convenzionali. Un racconto classico che riesce a creare la giusta suspence, tiene vivida l’attenzione e sorprende proprio quando non ci si aspetta più nulla creando un corto circuito interessante.