La banda del Gobbo (1977): Recensione
La Banda del Gobbo, recensione del film del 1977 diretto da Umberto Lenzi ed interpretato da un “doppio” Tomas Milian nei panni dei fratelli Marazzi
VOTO MALATI DI CINEMA (7,5 / 10)
Vincenzo Marazzi, il famoso “Gobbo di Roma“, torna nella Capitale dopo una lunga latitanza con l’intento di progettare redditizie rapine e di creare una forte organizzazione criminale. Suo fratello gemello Sergio invece, detto “er Monnezza“, è un meccanico di borgata dal carattere ingenuo, sempre disposto ad aiutare il Gobbo fregandosene delle conseguenze. Tradito dagli amici durante la rapina ad un furgone portavalori e braccato dalla Polizia, Vincenzo attuerà un piano di vendetta verso coloro che lo hanno ingannato nella maniera peggiore: brutale e violenta.
E’ il 1977: Tomas Milian per la prima volta interpreta un doppio ruolo (lo farà anche successivamente), tornando a vestire i panni del “Gobbo” e der “Monnezza“, gemelli monozigoti. La Banda del Gobbo si può considerare ufficiosamente come sequel di ben tre pellicole: Roma a mano armata (dove il Gobbo però si chiama Vincenzo Moretto), Il trucido e lo sbirro e La Banda del Trucido, questi ultimi con il personaggio der Monnezza come protagonista.
Il genere ovviamente è il Poliziesco, con la classica dose di thriller, commedia e azione che tanto ha avuto successo negli anni ’70.
Regia affidata all’esperto Umberto Lenzi, monumento del Cinema Italiano, autore anche della sceneggiatura del film.
La fotografia ci mostra una Roma bella da vedere ma difficile da vivere.
I dialoghi sono di ottima fattura; Ferruccio Amendola, storico doppiatore di Tomas Milian, ha dovuto prestare la voce all’attore cubano a ben due personaggi contemporaneamente, riuscendo pienamente a renderli differenti, ma d’altronde parliamo di un fenomeno del doppiaggio e non solo.
Antonello Venditti, all’epoca giovane ma affermato cantautore, è artefice di due brani per il film, entrambi bellissimi: Roma Capoccia e Sora Rosa.