Begotten (1990): Recensione

Begotten, recensione del film horror-fantastico statunitense a basso costo in bianco e nero diretto da Edmund Elias Merhige nel 1990

VOTO MALATI DI CINEMA 6 out of 10 stars (6 / 10)

Un film crudo senza ombra di dubbio e con un significato intenso.
La sceneggiatura ha un contenuto forte e violento che per molti può apparire blasfemo, quindi chi non se la sente di leggere può non farlo.
La pellicola si apre con un uomo mascherato che si suicida (Dio), generando di conseguenza una donna (Madre Natura) che masturbando il cadavere per raccoglierne lo sperma rimane incinta mettendo alla luce il figlio della terra.
I due passeranno il resto della loro vita camminando per il mondo venendo ripetutamente torturati da persone senza volto.

Non ci sono dialoghi in questo film ma soltanto un rumore angoscioso mescolato ai suoni della natura che dura per tutti i 78 minuti del lungometraggio, composta da Evan Abram.
E’ un film visivamente brutale e d’impatto, dove il bianco e nero mescolato al ruvido contrasto esalta ancor di più la cruda ambientazione.
Il cast è composto da Brian Salzberg (Dio), Donna Dempsey (Madre Natura) e Stephen Charles Barry (Figlio della Terra). A quest’ultimo è stata riconosciuta una particolare menzione per l’interpretazione durante il Premio Circolino dei Films del 2015, dove Begotten è risultato vincitore del primo premio per l’innovazione e la creatività.
Il messaggio principale che il regista Edmund Elias Merhige vuole condividere è di denuncia verso il genere umano, unico essere malvagio di questo mondo putrido e marcatamente aggressivo.
Una minaccia costante per l’ambiente e non solo.

Begotten è una pellicola affascinante che per molti versi si ispira all’Eraserhead di David Lynch, emulandone lo stato di angoscia che pervade lo spettatore per tutta la durata del film.
Un minuto di pellicola ha richiesto circa otto ore di lavorazione, mentre il periodo di post-produzione totale per i 72 minuti di durata è stato di otto mesi in totale.