The Young Pope (2016): Recensione

The Young Pope, recensione della Serie TV del 2016 composta da dieci episodi, diretta da Paolo Sorrentino con protagonista Jude Law

VOTO MALATI DI CINEMA 7.5 out of 10 stars (7,5 / 10) 

Il tema dell’idolatria sensazionalista affianca spaccati di vita quotidiana di una Chiesa Cattolica fatta di contrasti, imprigionata in un limbo dantesco al crocevia tra nuovo e vecchio millennio. Posto all’interno di questo complesso schema istituzionale un volto, quello dell’arcinoto Jude Law, nei panni del meno noto Papa Lenny Belardo: il Papa giovane. Ora fragile pedina, ora dispotico pontefice, l’attore britannico si è dovuto misurare con un personaggio dall’immenso spessore psicologico. La sua interpretazione è stata, però, più che all’altezza delle aspettative, degna della recitazione puntuale dagli altri pezzi da novanta del cast: Diane Keaton, James Cromwell e Silvio Orlando.

Co-prodotta da Sky, HBO e Channel+, The Young Pope nasce da un progetto multi- territoriale, che ha coinvolto case di produzione italiane, francesi e spagnole, la cui realizzazione ha richiesto circa tre anni di tempo (2014-2016) e un budget di oltre 40 milioni di euro. La serie è stata scritta e diretta da Paolo Sorrentino, alla prima esperienza con la produzione serializzata, affiancato dal fedele collaboratore Umberto Contarello. Reduce dal successo de La grande bellezza, il regista italiano, famoso nel mondo per il suo stile inconfondibile, colpisce ancora una volta per l’attenzione assoluta che riserva ai suoi protagonisti e all’ambiente in cui sono inseriti, sempre dipinti con acume visivo e accuratezza vividamente misurata. In The Young Pope, però, c’è molto altro: i tanti risvolti narrativi vanno dalla questione dell’omosessualità e l’emancipazione nel mondo cattolico, fino ai rapporti familiari e all’identità burocratica ecclesiastica. Il neoeletto pontefice Lenny Belardo, iconico e maestoso fin dalle primissime scene, arriva al potere tramite una serie di cospirazioni interne al conclave, che lo vedono eletto a sorpresa per volontà del cardinale Voiello, segretario dello Stato del Vaticano, convinto di poter fare del giovane Pio XIII (nome pontificale) un burattino indifeso.

Tuttavia, ed è qui che Sorrentino gioca in contropiede, il santo padre si rivela tutto meno che il classico eroe capitale: un villain della migliore specie elisabettiano, a pieno regime, o quasi. Quasi, perché nonostante l’impressione iniziale sia quella di trovarsi di fronte a un dispotico dittatore, con il fluire della narrazione ci si rende conto che The Young Pope è tanto canonica nello snodarsi cronologico della trama quanto sovversiva nei propositi e nel linguaggio visivo.
A un primo livello, infatti, il tema principale parrebbe essere un’aspra critica all’istituzione ecclesiastica, tuttavia, passo a passo, lo spettatore è condotto per mano verso quello che è un nucleo narrativo stratificato e dalle tinte multicolore: al di là della polemica c’è un’importante riflessione sulla questione della fede. Sua santità, sulla carta emblema della totale dedizione al Dio cristiano, si presenta in realtà come un complesso ma fragile uomo di potere, dal passato troppo oscuro per poter guidare il popolo cattolico in maniera lucida e illuminata. La frustrazione per il rifiuto di cui ha fatto esperienza da bambino lo porta a mettere in discussione egli stesso l’esistenza di Dio Padre, e a dedicarsi con violenta determinazione al regresso della Chiesa.

Chiuso, ermetico, ostile, Pio XIII si rivela un adulto dalle debolezze infantili, dal cuore spezzato, nelle cui crepe facilmente s’insediano paure, risentimento e cinismo. In questo percorso alla ricerca della redenzione spirituale dell’uomo, prima che del buon cristiano, Sorrentino è stato capace di costruire un protagonista statuario ma controverso, tradizionalista ma eccentrico, lasciando lo spettatore in bilico sino all’ultimissima scena. L’architettura è piuttosto lineare, si serve di flashback e topoi letterari classici, come quello dell’aiutante, impersonato da Suor Mary, cinico braccio destro e madre affidataria di Lenny, ma, d’altro canto, è caratterizzata da riflessioni di natura filosofica, teologica e antropologica di enorme portata.

La citazione

Ep.10: Quando le chiesero “Chi è Dio?”, “Dio è una linea che si apre” rispose la beata
Juana, aveva soltanto quattordici anni, e nessuno capiva che cosa volesse dire. E allora tutti
i bambini posero alla beata Juana mentre lei moriva decine di domande: “Siamo morti o
siamo vivi? Siamo stanchi o siamo energici? Siamo sani o siamo malati? Siamo buoni o siamo
malvagi? Abbiamo ancora tempo o il tempo è scaduto? Siamo giovani o siamo vecchi? Siamo
puliti o siamo sporchi? Siamo stupidi o siamo in gamba? Siamo veri o siamo falsi? Siamo
ricchi o siamo poveri? Siamo re o siamo servitori? Siamo bravi o siamo belli? Siamo caldi o
siamo freddi? Siamo contenti o siamo ciechi? Siamo delusi o siamo gioiosi? Ci siamo persi
o ci siamo trovati? Siamo uomini o siamo donne?”. “Non ha importanza” rispose la beata
Juana mentre stava morendo a soli diciotto anni. E poi aggiunse in punto di morte, con le
lacrime agli occhi “Dio non si concede, non si fa vedere, Dio non grida, Dio non bisbiglia,
Dio non scrive, Dio non sente, Dio non chiacchiera, Dio non ci conforta”. E allora i bambini
le chiesero “Chi è Dio?”. E Juana rispose “Dio sorride”. Soltanto allora tutti capirono. E
adesso io prego tutti voi: sorridete. Sorridete. Sorridete! Cosi… sorridete! Un giorno io
morirò, e allora finalmente vi potrò abbracciare tutti, uno a uno. Si, potrò. Si, io ho fede che
potrò!