The Wife (2017): Recensione
The Wife, recensione del film drammatico del 2017 diretto da Björn Runge con protagonista Glenn Close. Uscito nelle sale italiane il 4 ottobre 2018
“Nel complesso solo una prova di buona scrittura, che manca di tensione interna, prevedibile anche nei colpi di scena, compreso l’ultimo. A salvare tutto c’è, oltre a Jonathan Pryce, una immensa Glenn Close, che fa una inversione a U dalla sottomissione alla rivolta, facendoci intuire tutto” (Maurizio Porro, in Il Corriere della Sera)
VOTO MALATI DI CINEMA (7 / 10)
Connecticut, USA, 1992: dopo una notte quasi del tutto insonne i coniugi Castleman vengono svegliati all’alba da una telefonata proveniente dalla Norvegia. A Joe verrà assegnato il prestigioso Nobel per la letteratura. A metà tra l’incredulo e lo scioccato, i due iniziano i preparativi per il viaggio a Stoccolma e la cerimonia di premiazione, ma immediatamente ci rendiamo conto che questa loro relazione così simbiotica nasconde una verità mai rivelata. Dai primi passi mossi dalla pellicola, nel soggiorno di case Castleman durante un piccolo ricevimento organizzato in onore di Joe così come sul volo aereo verso l’Europa, lo spettatore percepisce chiaramente la devozione di Joan verso suo marito. Le pillole che lei gli ricorda di prendere, i vestiti che gli sistema, gli sguardi accondiscendenti che gli riserva. Tutti i dettagli sorprendentemente realistici e quasi teatrali che nello loro semplicità descrivono il rapporto tra i due, ci trascinano dentro scene in cui è un continuo prendersi “il centro del palco” di Joe a suon di manie di protagonismo.
Lo straordinario merito del regista, Björn Runge, è quello di restituirci contemporaneamente il punto di vista del marito, impegnato a compiacersi del suo successo fittizio e ad autocelebrarsi, e della moglie, solo apparentemente spettatrice impotente. Il talento su cui è costruito il successo di Joe, si scoprirà, è in realtà quello di Joan. Cresciuta in un periodo storico in cui il mondo dell’arte privilegiava abbondantemente gli uomini, lei decise di scrivere spacciando i suoi romanzi per il lavoro di Joe. È proprio ora, al culmine della carriera di lui, che lei ripensa ai quarant’anni passati al fianco del marito, al loro patto segreto, al sacrificio lungo una vita. Un’esistenza passata a tenere a Joe la porta aperta, ad assecondarne vizi e debolezze, a sopportare tradimenti, a trascurare i figli per scrivere quei romanzi che lui avrebbe poi pubblicato a nome suo. Una consapevolezza in lei matura, fino a raggiungere un punto di rottura. Dialoghi modulati, con un ritmo che rimbalza tra il serrato e lo strascicato, a riflettere la “stanchezza” di una relazione di dipendenza quasi vampiresca e dell’ossimorico contrappunto tra la figura di un uomo mediocre ed egoista, e quella di eroe letterario che la critica gli dipinge addosso. Il regista fa dunque trapelare il suo gusto per il dettaglio nelle dinamiche di una coppia i cui interpreti si mostrano tremendamente in sintonia. Sono capaci di restituire l’impressione di un’intimità decennale, in una fedele allegoria del matrimonio e delle sue implicazioni. A spiccare però, senza dubbio, è Glenn Close, convincente in ogni mossa, in ogni battuta, in ogni espressione. In grado di sussurrare un dolore e una repressione taciuta per anni, senza scomporsi mai se non sul finale, con la moderazione e la fermezza che ne contraddistinguono l’impeccabile atteggiamento fin dal primo minuto del film. The Wife è molto più che una semplice tragicommedia sulla storia di una moglie oscurata dalla figura del marito: è l’invito a riflettere sui ruoli, sulle dinamiche sociali e di genere, sul rapporto di subordinazione che per tutto questo tempo ha determinato i legami tra donne e uomini. Chi mai l’avrebbe detto che una coppia di anziani coniugi potesse parlare tanto direttamente al nostro tempo, alle tematiche così attuali di equità e parità dei sessi, al necessario processo di ripensamento del proprio ruolo che la donna è chiamata oggi a fronteggiare?
Le parole di Glenn Close pronunciate alla cerimonia di premiazione dei Grammy, dove ha vinto come miglior attrice protagonista, hanno raggiunto milioni di persone in tutto il mondo, per la loro potenza e la sincerità, dando voce a tante donne:
“Penso a mia madre, che si è dedicata a mio padre per tutta la sua vita. A 80 anni mi ha detto “Sento di non aver realizzato nulla”. Ed era così ingiusto. Quello che ho imparato da tutta quest’esperienza è che, sapete, noi donne siamo viste come allevatrici, questo è ciò che si aspettano da noi. Abbiamo i nostri figli, i nostri mariti… Ma dobbiamo trovare la soddisfazione personale. Noi dobbiamo seguire i nostri sogni! Noi dobbiamo dire, “Posso farcela, e dovrebbe esserci permesso di farcela”