Ovosodo (1997): Recensione

Ovosodo, recensione del film diretto da Paolo Virzì. Uscito nelle sale cinematografiche italiane il 12 settembre 1997

VOTO MALATI DI CINEMA 8 out of 10 stars (8 / 10)

Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 il cinema italiano attraversa una grande crisi. Ma in quegli anni c’è anche una nuova generazione di registi di commedie d’autore che finalmente instaurano un dialogo con il pubblico: Salvatores, Tornatore, Luchetti, Archibugi e soprattutto Paolo Virzì. Virzì è l’unico erede della commedia all’italiana amara e malinconica, seppur con meno cinismo e più tenerezza dei capostipiti. Uno dei suoi film più rappresentativi è Ovosodo, il suo terzo film, che porta una ventata d’aria nuova nel cinema italiano degli anni ’90.

Di cosa parla?
A Livorno, in un quartiere popolare chiamato Ovosodo, nasce Piero Mansani. Piero è figlio di un uomo che entra ed esce di galera e che dopo la morte della mamma cresce insieme al fratello ritardato e a una giovane matrigna. L’unico punto di riferimento negli anni è Giovanna, la sua insegnante di Lettere. Piero è un ragazzo di talento che sembra destinato ad un grande futuro. Si iscrive al liceo classico e qui incontra Tommaso, ragazzo ribelle. Piero, attratto dal carisma di Tommaso, si fa trascinare in un mondo sconosciuto trascurando la sua vita nel vecchio quartiere. Si innamorerà della cugina di Tommaso e senza che lui se ne accorga la sua vita cambierà prendendo una piega imprevista.

Il conflitto tra le classi sociali
Sotto la patina di film leggero, Ovosodo tratta del conflitto tra le classi sociali, soprattutto della difficoltà del cosiddetto ascensore sociale in Italia. Come la classica commedia all’italiana è in realtà molto triste. Piero cade in un vortice, si perderà e pagherà per le sue scelte. Il suo amico Tommaso invece la farà franca perché ha il vento a favore e si scoprirà che non è ciò che sembra. Invece Piero, nonostante le sue qualità, ritornerà lì dove era partito. In un finale che sembra felice, in cui sembra sia una persona realizzata, Piero ogni mattina sente “quella specie di ovosodo dentro, che non va né in su né in giù, ma che ormai mi fa compagnia come un vecchio amico…” Rimarrà sempre il rimpianto di ciò che poteva fare. È il ritratto di una generazione che si è illusa di poter superare le disparità sociali attraverso la cultura ma che si ritroverà al punto di partenza. Le persone povere non avranno mai le stesse possibilità di chi nasce ricco.

Un romanzo di formazione
Ovosodo è un romanzo di formazione. È l’educazione sentimentale di un ragazzo in un mondo maschile triviale e provinciale in cui la sua sensibilità sembra fuori posto “Vivevo in un mondo che non ammetteva sfumature: un congiuntivo in più, un dubbio esistenziale di troppo, ed eri bollato per sempre come finocchio.” La meravigliosa figura di Giovanna, la sua professoressa, interpretata benissimo da Nicoletta Braschi, è uno dei pochi punti saldi di Piero ma verrà anche lei rovinata da Tommaso. Ed è così che inizia a capire che non ci sono certezze nella vita. Lo sfondo del film è Livorno, simbolo di tutte le province italiane.
Tutti si possono identificare in questo lucido ritratto dell’adolescenza, quel momento in cui sei in balia delle onde e basta poco per farti cambiare strada. Piero si fa trascinare dagli eventi, accetta quello che gli capita, non è un eroe da film, è come tutti noi. Questo film assomiglia alle nostre vite e alle nostre scelte sbagliate. Tutti noi abbiamo un ovosodo che non va né su né giù ma andiamo avanti e ci accontentiamo di quello che abbiamo.

Un cult generazionale
Ovosodo è un cult generazionale che racconta un mondo sempre attuale. Il film ha un ritmo sincopato, una voce off onnipresente e molti flashback. La qualità delle battute e dei dialoghi è al di sopra della media (Bruni e Virzì sono tra i migliori dialoghisti italiani). Ai tempi fu un successo di pubblico e di critica, incassò benissimo e vinse il Premio della giuria a Venezia. Ovosodo resta uno dei migliori esempi di cinema italiano colto e popolare.