Fratelli d’Italia (1989): Recensione

Fratelli d’Italia, recensione del film a episodi diretto da Neri Parenti con protagonisti Christian De Sica, Jerry Calà e Massimo Boldi. Uscito nelle sale il 27 novembre 1989

VOTO MALATI DI CINEMA 6.5 out of 10 stars (6,5 / 10)

Il commesso di un negozio di scarpe si finge un rampollo dell’alta finanza. Un dipendente di un’azienda veneta di prodotti alimentari scommette coi suoi amici di portarsi a letto la donna del suo capo. Un impiegato, tifoso sfegatato del Milan, noleggia una vettura per seguire la sua squadra del cuore nella trasferta in casa della Roma.

I fratelli Vanzina scrivono soggetto e sceneggiatura di questa brillante commedia ad episodi e affidano la regia a Neri Parenti, che porta sullo schermo tre storie divertenti del Belpaese, che vedono per protagonisti principali Christian De Sica, Jerry Calà e Massimo Boldi. Gli stessi attori che, guidati sempre dai Vanzina, avevano firmato nel 1986 “Yuppies – I giovani di successo.”

Anche in “Fratelli d’Italia”, la nazione celebra se stessa ed il felice momento storico che sta vivendo.

Il film, il cui titolo rende omaggio all’inno di Mameli, fotografa in maniera schietta ed impeccabile l’Italia degli anni ’80. Le lotte sindacali, le manifestazioni per il riconoscimento dei diritti civili e le contestazioni studentesche sono solo un vago ricordo del decennio precedente.

La sicurezza sul lavoro, la stabilità e la crescita economica, un diffuso entusiasmo ed un inguaribile ottimismo segnano il decennio del mundial spagnolo, dei giovani rampanti e degli eccessi. Una decade d’oro, in cui tutto sembra possibile, attratti dal liberismo economico di Reagan ma anche da alcuni miti idolatrati del cinema, come Gordon Gekko, Sylverster Stallone e Jane Fonda. Sono anni di sfrenato edonismo e della ricchezza ostentata, che assistono alla nascita delle palestre, al culto del corpo e del look ad ogni costo. Gli anni che vedono l’affermazione dell’aperitivo così come lo si concepisce oggi, la consacrazione della moda e degli stilisti di casa nostra, l’apertura dei fast food e la nascita delle subculture giovanili, quali i punk, i dark e i paninari.

In questo paese, che fagocita tutto ciò che proviene dagli Stati Uniti ed esporta con orgoglio il Made in Italy, che gioca un ruolo rilevante nello scacchiere internazionale, che si scopre prospero e guarda il futuro con grande ottimismo, l’italiano medio può dedicarsi alle sue più grandi passioni: le donne e il calcio. E lo fa pensando in grande: sostiene di essere il figlio di un personaggio in quegli anni sulla cresta, seduce la donna dell’industriale Sauli (che produce pandori come il suo quasi omonimo), e segue il Milan di Berlusconi, tra le migliori squadre di sempre.
I personaggi sono autorizzati a sognare e ad aspirare a tanto perché vivono un momento felice ed irripetibile.

Ma è anche un lungometraggio in cui alla fine trionfa l’ironia e le cose non vanno come previste. Così alcuni protagonisti si rivelano sboccatamente sinceri, altri ansiosi e pieni di nevrosi, timidi ed impacciati, e le loro storie avranno tutte un epilogo divertente, imprevedibile e quasi paradossale.

Tra le presenze femminili spiccano la formosa Sabrina Salerno, icona di bellezza ancora oggi e una giovanissima Nathalie Caldonazzo, presente nei titoli di testa con lo pseudonimo di Nathaly Snell. Nel cast ci sono anche Fabrizio Bracconeri, già presente in “Acqua e sapone” di Carlo Verdone e nella fortunata serie televisiva “I ragazzi della terza C” ed il poliedrico Gian Fabio Bosco; Angelo Bernabucci e Maurizio Mattioli vestono i panni di due tifosi della Roma, dal linguaggio colorito e dai modi veraci e bruschi.

Tutti attori che aggiungono comicità ai dialoghi, con battute scherzose e spassosi equivoci. Il giudizio sul film è comunque positivo, secondo me è una delle migliori commedie del decennio. Lo testimonia il fatto che viene riproposto spesso in tv, a volte anche in prima serata.

Inoltre, è forse il primo film in cui De Sica s’immedesima in un uomo distinto, dai modi garbati ed inserito nel gotha della società, insieme a nobili ed aristocratici. L’attore romano è anche il protagonista di una curiosa scena, mentre si sta affannando alla stazione per acquistare un biglietto per il traghetto.
L’impiegato a cui De Sica si rivolge chiude all’istante il proprio sportello; prima afferma che anche lui sta andando in week-end, quindi espone un cartello con la scritta “sciopero”.
Un dettaglio particolare, forse un’imperfezione del regista.

Jerry Calà invece regala alcuni momenti esilaranti: sulle note di una canzone di George Michael inventa “Sex pandoro & rock’n roll” e, dopo aver conosciuto Luana, casalinga inquieta di Rovigo, s’incontra con una nota escort del luogo, Moira, definita la “tigre del ribaltabile”. Due donne formose che accendono le fantasie sessuali dei protagonisti e che complicheranno le loro fughe e le loro tresche amorose. Non ha questi problemi Massimo Boldi, che è innamorato solo del Milan ed odia la capitale e soprattutto i suoi tifosi, che pure lo accolgono con simpatia.

Consiglio a tutti di vedere questo film in cui si prova nostalgia nel rivedere un’Italia così genuina e spensierata, fatta di persone che lavorano e trascorrono il loro tempo libero al bar, libere di seguire i loro sogni e le loro aspirazioni, consapevoli di vivere in una nazione ricca, orgogliosa e invidiata in tutto il mondo.
Una nazione che di lì a poco avrebbe ospitato i mondiali di calcio che, con il loro triste epilogo sportivo, chiusero in modo amaro un decennio che viene rimpianto ancora oggi.