The Day Is Over (2021): Recensione

The Day Is Over, recensione del film scritto e diretto da Rui Qi. Presentato in concorso al Torino Film Festival il 30 novembre 2021

VOTO MALATI DI CINEMA 6.5 out of 10 stars (6,5 / 10)

In Concorso al 39° Torino Film Festival giunge l’esordio al lungometraggio di Qi Rui, The day is over, un dramma sui traumi dell’infanzia e la crescita turbolenta destinata a rincorrere sempre più fedelmente e rapidamente la morte, non tanto come fine, piuttosto come salvezza, o nuovo inizio.

Qi Rui ci conduce in un remoto paesino sulle montagne cinesi dove abita la dodicenne Zhang Jiaxing, accusata nella prima sequenza del film di furto dai compagni di classe che testimoni di un gesto inizialmente ambiguo e poi sempre più chiaro (specie sul finale del film) commesso da Zhang, contribuiscono ad accrescere nella dodicenne una fortissima sensazione di isolamento e disperazione acuita dall’abbandono dei due genitori che Zhang non ha alcuna intenzione di lasciar andare.

Proprio per questo in compagnia di altre ragazzine, Zhang si muove goffamente nel suo villaggio rurale elemosinando chiamate telefoniche destinate ad entrambi i genitori prive di risposta, così come di soldi, utili a raggiungere il più presto possibile le grandi città dove i genitori di Zhang possono essersi stabiliti dando inizio ad una nuova esistenza nella società.

The day is over è un film interessante sulla crescita turbolenta e “violentata” continuamente dalle logiche di un isolamento estremo, tale da rendere affascinante la morte agli occhi di quattro bambine che dovrebbero cominciare a vivere le loro vite tra corse nella natura, nuotate divertite nei torrenti, risate e così via.

Il film di Qi Rui però non sembra essere interessato alla canonica narrazione del coming-of-age movie, piuttosto all’indagine profonda sulla tragedia radicata nelle giovani menti che il film segue e mostra. Un’indagine che diviene molto presto cupa, per certi versi orrorifica e fantasmatica, poiché sulla natura e i popolani della comunità l’ombra della morte aleggia costantemente.

Se inizialmente The day is over appare come un prodotto interessante e anomalo poiché focalizzato sul contrasto tra vita selvaggia e voci di un’urbanizzazione lontana e forse nemmeno esistente, non impiega poi molto a perdere le redini della sua costruzione drammaturgica, probabilmente a causa di una scrittura non davvero centrata sui drammi umani, quanto invece sul contesto sociale nei quali essi esplodono.

Lo sguardo sull’infanzia e sul personaggio di Zhang Jiaxing improvvisamente si fanno invisibili cominciando a perdere d’importanza, poiché tutto ciò che il film da quel momento si interessa a mostrare è la presenza sempre più concreta della morte che in precedenza (e più intelligentemente) era soltanto suggerita e perciò ancor più temuta.
Un film che non va a fondo, pur avendone tutte le capacità e perciò non totalmente riuscito.