Tre lezioni da IL SOSPETTO di Alfred Hitchcock

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Tre lezioni da IL SOSPETTO di Alfred Hitchcock

Ecco tre motivi per i quali vale la pena recuperare Il Sospetto, pellicola del 1941 diretta da Alfred Hitchcock.

Il sospetto è una pellicola di Alfred Hitchcock pubblicata nel 1941.

Considerato dalla critica uno dei film minori del regista, io l’ho visto, ho dissentito con la critica e deciso di scriverne, perché vi ho individuato tre spunti cinematografici affatto male, che anzi possono diventare per molti addetti del mestiere vere e proprie lezioni di cinema.

Per cui, iniziamo.

Johnnie (Cary Grant) e Lina (Joan Fontaine) si incontrano (fortuitamente?) nel vagone di un treno di prima classe, vagone in cui Johnnie non dovrebbe trovarsi, avendo un biglietto per la terza classe. Si fa aiutare dalla donna seduta di fronte a lui, appunto Lina, a raccimolare dei soldi e francobolli per pagare la differenza del ticket. Lina sta sfogliando una rivista in cui vede il volto del nostro playboy Johnnie. Fade to white e la storia ha inizio. Ma noi ci fermiamo qui, e andiamo direttamente a lezione da Hitchcock.

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Lezione 1: giocare con il mistero e la suspense.

Come lo yin e lo yang, in questa pellicola mistero e suspense si rincorrono, giocano, si toccano e si confondono tra loro. Hithcock riesce magistralmente nell’impresa di combinare questi due elementi differenti ma essenziali del genere thriller. Il mistero nasconde, la suspense insinua. Così a momenti in cui siamo certi del sospetto si susseguono momenti di tregua, in cui il dubbio si infittisce e il mistero vince sull’insinuazione, per riniziare poi da capo il percorso di questa diallele ossessiva e delirante.

Lezione 2: sopravvivere al conflitto tra ragioni di sceneggiatura e pretese di produzione.

Il soggetto del film è tratto dal romanzo Il sospetto di Anthony Berkeley Cox, e per la scrittura della sceneggiatura Hitchcock ha collaborato con Samson Raphaelson.

Nelle intenzioni originarie dei due sceneggiatori il finale era ben diverso da quello che si vede nella pellicola – finale che di fatto non c’è e lascia ancora il pubblico attanagliato nel dubbio -.

Ma per le case di produzione di Hollywood un non finale era di gran lunga più auspicabile di un film che terminasse con un delitto impunito e col male trionfante. Così il maestro della suspense si è trovato costretto a cambiare la sceneggiatura e ad adattarla al meglio al nuovo finale. Ci è riuscito? Probabilmente ha raggiunto il perfetto equilibrio tra le sue intenzioni e l’imperativo hollywoodiano dell’happy ending, regalandoci un finale in cui mistero e sospetto escono dalla pellicola e si insinuano per qualche minuto nei nostri pensieri, finché non ci arrendiamo ad ammettere che una risposta al dubbio non c’è.

Lezione 3: realizzare una scena iconica.

Ve lo dico: la aspetterete, la agognerete, sognerete quando vedrete questa scena.

Interno notte, c’è Johnnie al buio che prepara un bicchiere di latte: uno di quelli alti e snelli, di vetro. Versa il latte e si appresta a salire le scale tenendo in mano un vassoio su cui si erige il bicchiere di vetro colmo di questo liquido lattiginoso fosforescente. Sembra che stia trasportando la luna su di un vassoio: lui riveste i panni dell’amante-vedovo-uomo oscuro che non conoscerai mai fino in fondo, in completo nero reso ancora più scuro dalla scarsa illuminazione della scala. L’unica fonte luminosa è proprio quel bicchiere di latte: inverosimilmente illuminato (Hitchcock aveva nientemeno che inserito una lampadina all’interno del bicchiere) che distorce persino il volto dell’uomo.

In una singola scena, in una questione di secondi, Hitchcock ci ha regalato un’immagine memorabile e ha condensato il futuro e la chiave di lettura della pellicola in un bicchiere di latte. Vero protagonisto della ripresa, che ha vita autonoma ed è potenzialmente letale: sarà stato avvelenato o no quel latte, Lina lo berrà o rimarrà posato come un lampadario sul comodino di fianco al letto?

Una scena carica di suspense, forza visiva ed emotiva, il cuore pulsante della pellicola.

Ora avete almeno tre motivi per recuperare questa pellicola, se non l’avete ancora vista.
Ah, e ne aggiungo un ultimo: l’umorismo di Hitchcock è spassoso e messo in scena con estrema disinvoltura. E lo dico perché sì: il film vi farà anche sbellicare dal ridere per un po’!