Legend (2015): Recensione
Legend, recensione del film di Brian Helgeland con Tom Hardy e Emily Browning
VOTO MALATI DI CINEMA (6 / 10)
A dirigere la macchina da presa abbiamo Brian Helgeland (Oscar per le sceneggiature di L.A. Confidential e Mystic River) che presenta la storia senza scostarsi dalla linea guida tradizionale, con diverse inquadrature lunghe, un’ambientazione da strada, pub lussuosi, violenza e un’immancabile voce fuori campo a narrare.
Le sequenze sono pulite, e le scenografie e i costumi da passerella recuperano lo stile di vita di quegli anni dinamici. Molto caratterizzante è il commento musicale assai evocativo che accompagna praticamente l’intero film. Tuttavia vi è un momento di ellissi troppo marcata, improvvisa e per niente naturale: decisamente poco opportuno.
Si cerca, inoltre, di dare una caratterizzazione particolare ai personaggi e alle situazioni che vivono, ma il risultato non riesce a essere originale: cade nelle figure tipo del gangster galantuomo dall’eleganza accattivante; della donna che desidera la tranquillità e la legalità; e del criminale spietato e violento che rovina ogni piano razionale.
La peculiarità di Legend è che Tom Hardy interpreta, in doppio, entrambi i gemelli con una flessibilità nel cambio ruolo vertiginosa. Già distintosi con ruoli interessanti e tutti che vanno brillantemente a segno, anche qui dà prova di sé. Con la sua figura autoritaria e il suo magnetismo fisico riempie lo schermo interpretando Reggie, rendendo bene la sua fatale attrazione verso la bella vita, senza però rinunciare al codice d’onore né nella galanteria con la futura moglie né nella rissa col consanguineo. Ma rimane piuttosto negli schemi e con poche sfaccettature.
Mentre più intrigante e interessante è la sua interpretazione del gemello Ronald, di una comicità disarmante perché inquietante e spesso macabra, nonché audace nell’affermare con forza e con chiarezza chi è e cosa vuole. È innegabile l’aspetto caricaturale e palesemente deformante dell’originale Tom, ma il suo atteggiamento fisico indotto e la sua pronuncia forzata non creano fastidio: rimane un tacito piacevole accordo tra lui e lo spettatore, tanto che la sua versatilità rende accettabili gli inevitabili errori causati dalla difficoltà di interpretare nello stesso film due ruoli così diversi e così vicini.
Sottotono e poco sfruttata la futura moglie di Reggie, Frances (Emily Browing – Pompei; Lemony Snicket – Una serie di sfortunati eventi). Commenta tutto il film con la sua voce fuori campo, ma è una soluzione poco probabile e quasi fastidiosa, poiché, soprattutto verso la fine, lei appare come la martire, senza un’evoluzione.