Lo spietato (2019): Recensione
Lo spietato (2019), recensione del film italiano diretto da Renato De Maria con protagonista Riccardo Scamarcio. Pellicola disponibile su Netflix
VOTO MALATI DI CINEMA (8,5 / 10)
Un emigrato di origini calabre in dolcevita e pantaloni a zampa che vuole sbarcare il lunario, e che per farlo è pronto a tutto. Si parte con qualche rapina amatoriale, una comparsata a San Vittore, per poi passare ai sequestri, e infine alla droga e al riciclaggio. Santo Russo non si ferma, e passo dopo passo si sposta da Buccinasco a Piazza Duomo, dalla moglie devota e pudica all’artista affascinante e sensuale. I suoi sogni di gloria passano solo temporaneamente tra le mani dei boss della ‘Ndrangheta, perché Santo è indipendente, sfacciatamente autonomo, discutibilmente egoista, dal primo minuto fino all’ultimo.
Sullo sfondo una Milano da bere degli anni ’80, gli anni “di plastica”, degli aperitivi, della movida e della vita frenetica, territorio meticcio dove si incontravano uomini d’affari, modelle e politici, e dove nascono i più grandi scandali di quell’epoca. Ed è tra le inquadrature sulla Madonnina e gli scorci decadenti dell’hinterland milanese che si profila chiaramente Riccardo Scamarcio: elegante, impertinente e pronto a tutto, Santo è interpretato con verve e credibilità dal talentuoso tarantino, in una delle sue performance meglio riuscite.
Grottesco ed elegante biopic che stuzzica e affascina
Sì, il risultato è parodistico, a tratti esagerato e caricaturale, ma nella ricerca della costruzione di un’iperbole fedele del personaggio, il crime Lo Spietato è una “felice” fotografia dell’Italia di 50 anni fa. Santo è realistico, ben scritto e ben vestito, nei completi di Armani, i doppiopetti grigi e i cappotti neri sembra tutto meno che kitsch. L’eleganza del personaggio conferisce al film quel tono originale, che allontana la pellicola dal cliché del boss mafioso e pieno d’oro, plateale nei gesti e opulento nello stile di vita. La sceneggiatura s’ispira a Manager calibro 9, il racconto di Piero Colaprico e Luca Fazzo, dedicato alla figura di Saverio Morabito, il pentito che rompendo l’omertà della ‘Ndrangheta di Platì, è stato il simbolo di vent’anni di malavita nel Settentrione.
Ancora una volta Netflix è intervenuto finanziando una produzione italo-francese, che sulla scia dell’acclamatissimo Sulla mia pelle fa ufficialmente entrare la OTT americana nella lista dei soggetti realmente incisivi del Cinema italiano. Il servizio di streaming di Reed Hastings, infatti, ha annunciato che investirà 200 milioni di euro nella produzione di contenuti originali nel nostro Paese nei prossimi tre anni. “The best is yet to come”?