La mia vita con John F. Donovan (2018): Recensione
La mia vita con John F. Donovan, recensione del film diretto da Xavier Dolan con protagonista Kit Harington. Uscito nelle sale italiane il 27 giugno 2019
VOTO MALATI DI CINEMA (7,5 / 10)
Il film che ho deciso di recensire è La mia Vita con John F. Donovan. Si tratta di un film molto complicato, sia come sceneggiatura che come sviluppo perché si sviluppa su due piani temporali. Il primo riguarda una giornalista che deve intervistare un ragazzo che ha appena pubblicato un libro sulla corrispondenza epistolare con un attore morto prematuramente, all’età di 29 anni (appunto, John F. Donovan). In un primo momento la giornalista non vuole fare questa intervista, poiché la considera una perdita di tempo, ma con l’avanzare del racconto si appassiona alla storia. Il secondo piano temporale è la storia di John F. Donovan: una star che ha raggiunto il successo, ma cova dentro di sé un segreto inconfessabile.
Il tema centrale della storia, dal punto di vista sociale, è l’impossibilità di dichiarare la propria omosessualità nel mondo dello spettacolo (un modo etero che non accetta la diversità), un po’ sul filone di Bohemian Rhapsody, ma con un’evoluzione, uno sviluppo ed un epilogo diametralmente opposti. Se in Freddie Mercury l’omossesualità caratterizzava sia il personaggio pubblico che quello privato, in Donovan l’omosessualità non può essere svelata.
Nel film i due piani temporali corrispondono da un lato al mondo dello spettacolo, pubblico, e dall’altro al mondo comune, più privato. Essi sono uniti da questa strana corrispondenza epistolare tra la star e un bambino, che diventa adolescente e la racconta. Tale impostazione determina un forte senso di incompiutezza e poca solidità strutturale, anche perché i due protagonisti non si incontrano mai e si muovono su binari temporali differenti. Questo ci porta a dubitare costantemente che tale scambio sia avvenuto realmente.
Credo che l’intenzione del regista stia proprio nel lasciarci così, con questo mistero, con l’ombra di una corrispondenza che non si concretizza mai, e vive nutrendosi del dubbio del pubblico. La prospettiva adolescente (la storia è raccontata dal ragazzo che era bambino e che ancora non è un adulto) è quella predominante, e contribuisce a determinare tale incompiutezza.
Tuttavia poiché sono uno psicologo mi soffermerò in particolar modo sugli aspetti più psicologici del film. Il tema fondamentale è l’identità da conquistare, da nascondere, da difendere o da svelare. I protagonisti recitano costantemente, in un meccanismo metacinematografico che ci grida esplicitamente come la loro vera natura non venga accolta e vista dal mondo. I personaggi sono “a specchio”, speculari (l’uno è lo specchio dell’altro). La star è speculare al bambino: Donovan è ciò che il bambino vorrebbe essere, così come il bambino per Donovan rappresenta un rifugio, un passato mai vissuto. Anche le madri dei due protagonisti sono speculari e adottano modalità emotive simili nei confronti dei figli. Entrambe non sono in grado di vedere i loro bisogni, con la differenza che la madre del bambino (una magnifica Natalie Portman) si evolve nel film, riuscendo ad assecondare i suoi sogni, invece la madre della star (un’immensa Susan Sarandon), che non gli permette di esprimere la sua vera natura, lo tiene legato ad un Sé.
Il criterio diagnostico delle madri, in entrambi in casi, è quello di Isteria: sono capaci soltanto di recitare la loro sofferenza, e generare due figli attori. A differenza di Susan Sarandon, che non è in grado di prendere le distanze da sé stessa, Natalie Portman risulta sufficientemente buona (come direbbe Winnicot), pur commettendo degli errori.
Un altro aspetto interessante è come i due protagonisti, la star e il bambino, siano legati da un filo nascosto; ma nel momento in cui le lettere, e la corrispondenza (che simbolicamente rappresenta l’inconscio) è svelata, il destino dei due si rivela diametralmente opposto. L’inconscio, e quindi il segreto che irrompe in Donovan, lo conduce alla morte e al vuoto, mentre per il bambino avverrà il contrario. Egli riuscirà a diventare un attore e a vivere la sua omosessualità in libertà.
Insomma, l’irruzione del proprio destino, e quindi del proprio inconscio, ha effetti dirompenti per i due, ma diversi. Il segreto manteneva in vita Donovan, senza permettergli di vivere davvero, mentre per il bambino il segreto rappresenta il desiderio da realizzare. Insomma il film è carente sotto diversi punti, ma valido sotto il profilo della psicologia dei personaggi.