Un giorno di pioggia a New York (2019): Recensione
Un giorno di pioggia a New York, recensione del film diretto da Woody Allen con protagonisti Elle Fanning e Timothée Chalamet. Uscito nelle sale italiane il 28 novembre 2019
VOTO MALATI DI CINEMA (6,5 / 10)
Un giovane intrappolato in un’epoca e in una vita che non gli appartengono, una società patinata e immobile alla James Joyce (solo che si parla di Manhattan) e un amore fresco, disincantato. Una trama lineare, che vede come protagonisti lui, lei, l’altra e gli altri. Gli elementi di Un Giorno di pioggia a New York sono poco creativi, ma funzionano bene.
Tutto è presentato con uno stile a metà tra il malinconico e il buffo, ma il tono di voce è sgonfio, stanco. Un insuccesso universitario dopo l’altro e un’élite dalla quale tenersi a distanza non bastano come giustificazioni per la profonda insoddisfazione di Gatsby (che, notate bene, ha un nome non di certo casuale). Timothée Chalamet fa del suo meglio, e il suo personaggio è forse l’unico, insieme a Jude Law, a sostenere la drammaticità della loro struttura. Sul finale però tutto cede, come se la pioggia avesse eroso il collante che teneva insieme i passaggi di questa sceneggiatura, così simile a quelle di alcuni precedenti film del regista, questa volta forse con una storia meno di tutte le altre.
I protagonisti delle sue commedie agrodolci sono sempre, o quasi, delle anime perse incapaci di ammettere che la vita che conducono non è quella che fa per loro. Incapaci di prenderla in mano e farla quadrare, pur vedendo e sentendo chiaramente che così com’è non funziona affatto. E noi tutti lo sappiamo, perché infondo “è Woody Allen”, e ci aspettiamo fedeltà alla sua politica. In tutti i suoi film c’è una sorta di tema in sottofondo sempre un po’ fiacco, un po’ malmostoso e intellettualoide. Eppure è come se potessimo sempre scorgere oltre la coltre una voglia di vivere ed esplodere, di trovare una ragione per buttarsi e cercare uno spunto di svolta. Allora viene da chiedersi se il merito di Allen non sia proprio questo: fa capire a tutta quella fetta di mondo che si sente incompresa, stanca, sterile che non è sola, che è possibile trovare un senso, risplendere e risorgere. E anche laddove non si trovasse, coglieremo l’occasione per farci una risata.