All Day and a Night (2020): Recensione

All Day and a Night, recensione del film scritto e diretto da Joe Robert Cole. Disponibile su Netflix dal 1 maggio 2020

VOTO MALATI DI CINEMA 10 out of 10 stars (10 / 10)

Come rendere originale e attraente un film che tratta di argomenti già visti ma senza ricorrere ad acrobazie cinematiche? Semplicemente facendolo con pura, grezza onestà e con un astro nascente come Ashton Sanders, ma soprattutto inventando un nuovo tipo di narrazione completamente inedita.
All Day and a Night, scritto e diretto da Joe Robert Cole (Black Panther, Amber Lake), è il grido di una generazione, una storia che si è ripetuta mille volte e che continua a ripetersi.

Jahkor Abraham Lincoln, interpretato da Ashton Sanders (Moonlight, The Equalizer 2: Senza perdono) è un ragazzo nato e cresciuto in un di pericoloso quartiere di Oakland che, una notte, commette un duplice omicidio, e proprio per questo reato finisce all’ergastolo. Una volta in galera ripercorrerà tutta la sua vita e ci farà capire che cosa, chi e quali sono i motivi che lo hanno portato nella tremenda situazione in cui si trova.

La recitazione, la sceneggiatura e la regia vanno perfettamente a braccetto.
L’immensa performance di Sanders è madre di un personaggio cresciuto a suon di toxic masculinity dei gangsters, il che implica essere di pietra qualsiasi cosa accada dinanzi agli occhi del suo personaggio – anche le più terribili – recitare con gli occhi, ma soprattutto, rompere la “maschera” di pietra esterna al momento giusto. Stesso dicasi per le performance di Kelly Jenrette (The Handmaid’s Tale, Manhunt) e Jeffrey Wright – quest’ultimo, dopo averlo visto in Westworld, mi aspettavo mi sorprendesse con una performance perfetta, invece è stato un pelino insicuro sulla parlata da gangster, rendendola “phony” – che interpretano la madre e il problematico padre di Jahkor. In termini di direzione forse c’era da prestare qualche attenzione in più ai ruoli secondari, ma tutto sommato anche le loro performance sono di qualità.

Come dicevo, tutto questo va perfettamente a braccetto con la regia di Cole. La regia invece che essere la classica (ma sempre di grande effetto) cinepresa che racconta la storia dalla prospettiva del personaggio, oltre ad interpretare la personalità attraverso le ambientazioni, i movimenti e la scelta delle lenti, ci racconta la storia di Jahkor attraverso la terza persona di Jahkor, ovvero Jahkor racconta la storia di se stesso. Messa così non sembra niente di che, ma lasciatemi continuare; il protagonista, attraverso il largo utilizzo di una narrazione grezza e senza musiche di fondo, non ci racconta mai come si sentiva in quel momento o perché stava facendo quelle cose, dato che – per quanto possa suonare stupido – essendo se stesso le dà per scontate, piuttosto egli cerca di realizzare il tutto e fare pace con se stesso mentre ci viene raccontata la storia.
Adesso capite dove sta la genialità di questa pellicola? Con questo tipo di narrazione, il personaggio sta affrontando un processo catartico proprio di fronte ai nostri occhi!

È bello vedere un film che oltre ad essere originale ti porta a mettere in questione la natura di te stesso, e il perché sei nella situazione in cui sei. Sia a livello personale, che sociale.
Spero vivamente in futuro di vedere grandi pellicole realizzate da Joe Robert Cole, e spero anche di vederne con protagonista il talentuoso Ashton Sanders.
Dinanzi a un’idea e un’esecuzione originali non si può dir di no.
Una chicca da non perdere.