The Dreamers (2003): Recensione
The Dreamers, recensione del film diretto da Bernardo Bertolucci. Uscito nelle sale cinematografiche italiane il 10 ottobre 2003
VOTO MALATI DI CINEMA (8 / 10)
Il ’68 è il contesto storico del film. Siamo a Parigi nel pieno dei movimenti socio-culturali formati da gruppo molto diversi fra loro (studenti, minoranze etniche, operai, ecc..). In questo contesto conosciamo gli unici personaggi principali del film: Matthew (il cantante e attore Michael Pitt) uno studente americano in soggiorno nella capitale francese per imparare la lingua, Isabelle (la bellissima e allora sconosciuta Eva Green) e Theo (un nipote d’arte, Louis Garrel), essi sono due fratelli cresciuti in una famiglia borghese, uniti da un rapporto strano, morboso. Matthew verrà invitato nella casa dei due fratelli per poi passare a vivere lì, nella totale assenza dei genitori, partiti per la campagna.
The Dreamers è un inno sincero al cinema, è un manifesto pubblico, collettivo, gridato a squarcia gola, senza alcun limite, proprio come fanno i due fratelli protagonisti della pellicola.
Bernardo Bertolucci fa un discorso proficuo verso un feticismo dell’immagine, non tanto con l’utilizzo dei dialoghi, ma più che altro con la strumentalizzazione di incessanti immagini provocanti attraverso il ricorso di scene famose tratti da altri film, per lo più della Nouvelle Vague.
La prima sequenza, con sotto la voce fuori campo narrante di Matthew, mostra una sala cinematografica che proietta “Il corridoio della paura” di Fuller, ma le citazioni cinematografiche sono intersecate con le scelte dei tre giovani, come la citazione ad un meraviglioso film di Godard, quale “Bande à Part”, dove Matthew, Isabelle e Theo riescono a battere il record di corsa all’interno del Louvre.
Non contento, anzi, sempre più affamato di citazioni, Bertolucci inserisce sequenze su sequenze, citazioni cinefile, basti pensare al grido dei due fratelli verso Matthew “LO ACCETTIAMO, è UNO DI NOI, è UNO DI NOI”, omaggiano Freaks di Browning; insomma, nel film le citazioni sono continue e mai fastidiose come quando Matthew e Theo litigano su chi faccia più ridere fra Charlie Chaplin e Buster Keaton, oppure su chi suoni meglio la chitarra fra Eric Clapton o Jimi Hendrix.
Col passare dei minuti, il rapporto morboso di Theo e Isabelle, si trasforma in un ménage a trois, ma come è chiaro a noi, è chiaro anche a Matthew che egli non sarà mai allo stesso livello emotivo di Theo, rimarrà sempre un estraneo del loro mondo contorto. Egli è attratto da Isabelle, rimane ad osservarla, molto spesso affascinato, come nella sequenza in cui Isabelle sembra quasi la scultura “la Venere” di Milo.
Nasce, quindi, una storia d’amore ambigua e surreale. Matthew ama Isabelle e forse anche lei lo ama, ma il rapporto di amicizia a tre non può che diventare un triangolo amoroso, formato da leggi dei fratelli che a volte hanno comportamenti infantili.
Matthew, nonostante questi comportamenti, cerca di creare un legame con Isabelle, andare oltre le leggi da loro imposte nella casa, ma il desiderio morboso e sinuoso di rimanere protetti nella casa è sempre presente. Isabelle è soffocata da sentimenti che neanche lei riesce a capire e, quindi, dimostrare.
Un caos interno che si cela a noi con atteggiamenti ritrosi. Realizzando di essere stata vista, dai genitori, nuda, a letto con il fratello e l’amico Matthew, Isabelle ha un attacco di panico e decide di suicidarsi, anzi uccidere tutti e tre.
Qui, Bertolucci non tarda a citare un’altra sequenza di un film icona del cinema francese, “Mouchette” di Bresson, dove la giovane protagonista tenta più volte il suicidio in un fiume.
Tutto ci viene, però, interrotto dal mondo esterno, quello fatto di uomini e sentimenti, di guerra, il mondo infatti irrompe nella scena e nella loro casa con un sasso che infrange la finestra. I tre, presto si troveranno nel mezzo di una protesta contro la polizia. I due fratelli si lasciano trascinare dagli eventi, mentre Matthew con la sua maturità capisce e vuole far capire ai suoi amici che lo spettacolo cui è davanti a loro è sbagliato. Ma il finale ha un retrogusto amaro, i due fratelli non rinunciano al loro pensiero e attaccheranno, insieme, la polizia, mentre Matthew si allontanerà dallo scontro sulle note di “Non, Je ne Regrette Rien” di Edith Piaf.
Il piccolo Olimpo, cioè l’appartamento, creato da Isabelle si dissolve, la dea diventa umana, una guerriera che combatte insieme all’amore della sua vita, non per un ideale di pace ma per una violenza finalizzata ad una rivoluzione del sistema; tutto ciò lascia un dubbio in noi, se sia più sognatore (dreamer) chi vuole cambiare il mondo reale o chi vuole crearne uno immaginario.