The Social Dilemma (2020): Recensione

The Social Dilemma, recensione del docu-drama diretto da Jeff Orlowski. Disponibile in streaming su Netflix dal 9 settembre 2020

VOTO MALATI DI CINEMA 9 out of 10 stars (9 / 10)

Tanto ovvio, quanto brutale.
The Social Dilemma, diretto da Jeff Orlowski (Chasing Ice, Chasing Coral), ci racconta di cose che abbiamo letteralmente davanti agli occhi ogni giorno, ma rivelandone la loro vera natura: la manipolazione.

In America è stato un grosso successo, e io credo che il successo venga innanzitutto dalla credibilità. Il documentario è raccontato dalle persone che hanno creato questi strumenti.
Parliamo di, passatemi il termine, “pentiti”; Designer, programmatori, presidenti e CEO che si sono pentiti di aver lavorato duramente ad aumentare l’assuefazione degli utenti alla piattaforma per cui lavoravano, facendogli spendere più tempo possibile con la faccia incollata allo schermo in modo da incrementare la redditività.
Il concetto, da solo, non è sbagliato… Tutte le aziende cercano di fare soldi, il vero problema sono le conseguenze che queste comportano per diverse miliardi di persone.

La metafora cinematografica che meglio riassume tutto il problema, e che è proposta dal documentario, è questa: un The Truman Show per ognuno di noi.
Vediamo solo ciò che vogliamo vedere, e compriamo solo ciò che abbiamo comprato.
Ma allora il film interpretato da Jim Carrey che c’entra? C’entra perché non decidiamo cosa vedere… lo decidono “loro”, e loro, sono gli algoritmi.
Esempio: se siete delle persone con ideologie di destra, o di sinistra, “loro”, pur di attaccarvi allo schermo, vi riempiono di contenuti di destra o sinistra.
Tutto ciò, molto semplicemente, porta all’estremismo, e alle relative conseguenze.

Moltiplicate questo per ogni aspetto della vostra vita, da quello di cui vi cibate, al tipo di attività sportiva che seguite, e otterrete una sistematica assuefazione a uno schermo, con poche possibilità di cambiare “visione”.
Ma visto che il fuoco è accesso, e la benzina sopra già l’abbiamo buttata, aggiungiamoci anche una spolverata – piuttosto sostanziosa – di persuasione.
Persuasione, però, intesa come dipendenza, come ad esempio la dipendenza di controllare lo schermo perché magari potrebbe arrivare una notifica.

Personalmente già ero a conoscenza di tutto questo, ma nonostante ciò questo documentario mi ha fornito una miriade di spunti su cui riflette. Come il brillante – e spaventoso – concetto che il prodotto siamo noi. Letteralmente, non pagando il servizio, siamo noi ad essere venduti alle pubblicità.
Si potrebbe obbiettare che è la stessa cosa che succede con la televisione. Beh, sì, il problema è che noi non siamo schiavi della televisione, o la televisione non ci rende schiavi, mentre per forza di cose, e per come sono stati realizzati, siamo schiavizzati dei social.

Ho scritto questa recensione non con l’obiettivo di dare un giudizio su un’opera, ma per incuriosirvi a guardarla.
La serie è piena di aneddoti, storie e spunti su cui riflettere, ed è fondamentale che la guardiate.
Questo argomento riguarda tutti noi, nessuno escluso, ed è qualcosa che, volenti o nolenti, dobbiamo averci a che fare, motivo per cui è vitale essere a conoscenza di tutte le dinamiche sottostanti.
Mi auguro vivamente che lo guardiate, in modo tale da cambiare la vostra visione sul mondo dei social, ma soprattutto sul futuro che ci aspetta.

“Nothing vast enters the life of mortals without a curse.” – Sofocle