Carnage (2011): Recensione

Carnage, recensione del film diretto da Roman Polanski. Uscito nelle sale statunitensi il 16 dicembre 2011

VOTO MALATI DI CINEMA 8 out of 10 stars (8 / 10)

Basato sull’opera teatrale “Il Dio del massacro” della drammaturga Yasmina Reza, Carnage si apre con un campo lungo dove in lontananza mostra un gruppo di ragazzini parlare sempre più animatamente, man mano che la discussione continua la macchina da presa si avvicina sempre di più con una musica crescente fino al punto culminate in cui uno di loro colpisce l’altro in volto con un bastone. Da qui la scena cambia e ci troviamo dentro un appartamento di città con i genitori dei ragazzini che discutono in modo conviviale su quanto accaduto e, volendo risolvere la cosa da persone civili, decidono che i figli si sarebbero incontrati per parlarne tra loro, ma una parola detta di troppo accende una miccia che scatenerà litigi e incomprensioni nonostante le migliori intenzioni iniziali.

Con un’impronta fortemente teatrale, anche nella messa in scena, Polanski usa questo film come manifesto dell’ipocrisia che spesso si cela dietro persone più preoccupate a creare una facciata perfetta rispetto al mostrarsi nelle imperfezioni e che viene impersonato dalle due famiglie: i Cowan (Kate Winslet e Christoph Waltz) e i Longstreet (Jodie Foster e John C. Reilly).
Non è semplice saper sfruttare e rendere interessante un’unica ambientazione (a parte la scena iniziale e quella finale), ma grazie alla bravura del regista non ci sono punti morti, tutto prende forma attraverso una montagna russa di sentimenti dove nel proseguo della visione il motivo iniziale d’interesse, cioè il litigio e l’aggressione, viene accantonato lasciando spazio ai pregiudizi, al disprezzo che due classi sociali differenti (quella dei Cowan più borghese) hanno tra loro. È un continuo scontro seguito da frasi cattive, insinuazioni, ma anche unione e senso di gruppo che si crea prima tra le coppie e poi tra le donne.

L’interpretazione degli attori riesce a valorizzare la fragilità e la rabbia con un’espressività marcata che permette a chi guarda di sentirsi parte dei loro sentimenti, ma offre anche una caratterizzazione differente per ogni personaggio, basti vedere il personaggio interpretato da Christoph Waltz che sotto una velata calma e menefreghismo riesce con poche frasi ad essere il primo a far scoprire gli altarini oppure quello interpretato da Jodie Foster così emotivamente fragile.
Una vera e propria carneficina, titolo del film, senza esclusioni di colpi dove le principali vittime sono loro stessi in quanto schiavi della maschera che portano, abituati a nascondersi dietro un finto buonismo che troppo spesso cerca di nascondere, senza successo, la vera natura delle persone.