Outside the Wire (2021): Recensione
Outside the Wire, recensione del film di fantascienza diretto da Mikael Håfström con protagonista Anthony Mackie. Disponibile su Netflix dal 15 gennaio 2021
VOTO MALATI DI CINEMA (5 / 10)
Probabilmente è il classico film d’azione dove bisogna ammazzare i cattivoni terroristi russi (o messicani, all’occorrenza)… o magari è l’inizio di qualcosa di più grande.
Outside the Wire, diretto da Mikael Håfström (Escape Plan, Il Rito), forse è l’inizio di una nuova generazione di film puramente d’azione; una generazione che finalmente cerca di dare un minimo di contenuto (in termini di storia e concetti) alla propria cellulosa – o meglio dire, ai propri pixel.
Siamo nel 2036 e c’è una guerra in corso dopo l’esplosione di una bomba atomica a Kiev da parte di terroristi filo-russi – Lo stato Ucraino non esiste più.
Il tenente Harp (interpretato da Damson Idris), pilota di droni, dopo aver disobbedito a dei dettami, viene mandato dalla corte marziale agli ordini del Capitano Leo (un droide interpretato da Anthony Mackie), in Europa dell’est, a combattere, da dietro le linee nemiche, i terroristi.
Si sente che è parecchio “forzato”.
Quando si sono seduti a tavolino per realizzare questo film le loro idee erano chiare: fare un semplice film d’azione, ma non come si faceva un tempo, mettendoci anche un po’ di significato dietro, un paio di storie studiate decentemente, e giocandosela bene dal punto di vista del girato in sé. Insomma, evitare di fare solo sparatorie ed esplosioni.
Per carità, le premesse sarebbero ottime, il problema è che, come dicevo prima, si sente la forzatura dietro.
La priorità è stata data all’azione, e tutto il resto è semplicemente di contorno, come per esempio gli “insegnamenti” al protagonista. È facile capire che se uno al calduccio da casa scarica bombe sulla gente, da dietro a un computer, lascerà dietro di se una miriade di orfani… Ma portarlo in un orfanotrofio e dirgli apertamente “questi sono i frutti del tuo lavoro” – e qui immagino converrete con me che – è una forzatura mostruosa.
Il che è veramente un peccato, perché ambientare un film in un futuro estremamente prossimo, in cui una situazione realmente precaria al giorno d’oggi si è effettivamente evoluta in un’apocalisse, e dove i robot (intesi come completamente automatici e con un fucile in braccio) sono stati introdotti all’esercito, non è affatto male come scenario, anzi apre una miriade di opportunità per riflessioni di ogni genere a riguardo.
E se a questo aggiungiamo che il film è girato in maniera piacevole – a parte il montaggio, che è dannatamente e inutilmente frenetico come il 90% dei film d’azione – la frittata è fatta.
Un’occasione sprecata purtroppo.
Spero vivamente che questo sia solo l’inizio di una nuova generazione di questi film, e che in futuro vedremo opere d’azione fatte ad arte, ma veramente.
E per il motivo sopra citato, spero anche che questi film costituiscano le basi per una eventuale generazione futura di film d’azione di qualità.