You – Seconda stagione (2019): Recensione
You, recensione della seconda stagione della Serie TV Netflix basata sull’omonimo romanzo di Caroline Kepnes. Distribuita in Italia a partire dal 26 dicembre 2019
VOTO MALATI DI CINEMA (7 / 10)
La seconda stagione di You riprende a raccontare i fatti immediatamente successivi alla fine della prima. La serie inizia con Joe che viene sorpreso dalla sua ex presumibilmente morta, Candace, la quale gli promette “vendetta”. Pertanto Joe temendo tutto ciò che potrebbe conseguire, che si potrebbe definire a tutti gli effetti un tentato omicidio (senza tralasciare la lunghissima serie di azioni sanguinose compiute da Joe), decide di scappare in un luogo lontano e che odia di più sulla faccia della Terra: Los Angeles. Nella nuova città, Joe ruba l’identità di Will e si trasforma appunto in un’altra persona. Tuttavia non perde il vizietto dello stalking e si “innamora” della bella Love, la quale a differenza della sua ex Beck sembra ricambiare i suoi sentimenti. Il canovaccio del film sembra ripetere la trama del precedente, il finale della serie, risultando abbastanza scontato e banale.
PARERI
Ho visto la serie in due trance, poiché dopo i primi 3 episodi mi sembrava tutto scontato e come se fosse ad un livello inferiore rispetto alla prima serie. Dopo ho deciso di continuare nella visione ed ho trovato anche qualcosa di buono. Le pecche e le criticità sono molteplici: lo snodo concettuale è la brutta copia della Stagione Uno, inoltre anche la struttura narrativa sembra essere un cerchio, un “loop”, un circolo vizioso (a differenza della prima stagione in cui vi era un’escalation degli eventi). Tuttavia l’aspetto che ho apprezzato è che comunque diverte e dopo le prime puntate si lascia vedere, è come se in un qualche modo (a me sconosciuto) comunque ti tiene incollato alla visione). Forse questo tenerti incollato alla visione è l’eredità della stagione precedente il cui tema principale era il concetto di dipendenza. Tutti i personaggi dipendevano da qualcosa o qualcuno, esistevano in funzione di qualcosa o qualcuno.
Nella seconda stagione il motore narrativo è il concetto di trauma. La frase che rappresenta lo sviluppo narrativo è la seguente:
“Trauma chiama Trauma”
Tutti protagonisti della di questa stagione hanno vissuto-subito uno o più traumi e nelle loro azioni e come se ricercassero continuamente quell’esperienza, appunto il trauma chiama trauma. Una persona traumatizzata tende a ripetere, anziché evitare l’episodio traumatico, ciò che lo ha traumatizzato. Questo concetto in psicologia è definito coazione a ripetere, e rappresenta appunto il tentativo mal riuscito di mettersi nuovamente in una situazione traumatica sperando di ottenere un risultato differente, ma avviene proprio il contrario, cioè il trauma non chiama soltanto trauma ma genera ulteriore trauma.
Lo sviluppo circolare dell’evoluzione narrativa descrive in maniera adeguata il circolo vizioso che si crea (Trauma chiama Trauma e Trauma genera Trauma). I protagonisti sono sia vittime che carnefici in un gioco di ruolo in cui le identità individuali si confondono l’una nell’altra. Infatti a differenza della prima serie in cui il carnefice era l’uomo e la vittima la donna, nella seconda stagione non esiste questa differenza di genere, sia gli uomini che le donne possono essere carnefici e vittime allo stesso tempo.
La descrizione narrativa del trauma dei personaggi, i quali sono portatori di un trauma subito e generatori di altro trauma, tendono a traumatizzare l’altro. Infatti risulta curioso anche il gioco di parole trama-trauma, come se etimologicamente la trama avesse la stessa radice del trauma.
Per concludere, la seconda serie ha comunque degli spunti interessanti, ma rispetto alla prima delude poiché risulta tutto un po’ scontato, anche se il finale “sarebbe a sorpresa”.