Bianco, rosso e Verdone (1981): Recensione

Bianco, rosso e Verdone, la recensione del secondo ed eccezionale film diretto ed interpretato da Carlo Verdone. Uscito nelle sale italiane il 20 febbraio 1981

VOTO MALATI DI CINEMA 9 out of 10 stars (9 / 10)

Ad un solo anno di distanza dal suo film d’esordio “Un sacco bello”, Carlo Verdone torna dietro e dinanzi la macchina da presa con un altro film a episodi e realizza Bianco, rosso e Verdone, un vero cult della comicità italiana che sposta il focus dalla gioventù degli anni’70 del film precedente e che si concentra sul mondo degli adulti attraverso un road movie che ha divertito intere generazioni. Girato a bordo di tre mitiche auto tricolore, il film ha per protagonisti altrettanti personaggi che sono divenuti un’autentica icona: il silenzioso e spendaccione Pasquale Amitrano, l’ingenuo e goffo Mimmo ed il pedante, logorroico e ossessivo-compulsivo Furio Zoccano. Quest’ultimo personaggio è una riproposizione del personaggio presentato da Verdone nel varietà “Non stop” e ripreso poi in “Viaggi di nozze” ed in “Grande, grosso e Verdone”, mentre Mimmo è molto simile al Leo di “Un sacco bello”, un personaggio che riprenderà vita con lo stesso nome nel già citato “Grande, grosso e Verdone”, ed infine il grande inedito, e mai più riproposto, è quello dello sventurato e taciturno Paquale Amitrano.

“E allungaje ‘e gambe, e ripiegaje ‘e gambe, aristendije ‘e gambe, aritiraje ‘e gambe, aricoprije ‘e gambe… io jee tajerei quee gambe!”

La trama di Bianco, rosso e Verdone è molto semplice e concisa, concentrata in un weekend in cui i tre protagonisti si mettono in viaggio verso i seggi elettorali in tre tragitti distinti e paralleli, e durante i quali finiscono per trovarsi alle prese con svariate peripezie che hanno lo scopo di rivelare i loro difetti e le loro incapacità. Partendo dall’insopportabile Furio, il funzionario romano residente a Torino, un concentrato di nevrosi e turbe psichiche che opprime la povera moglie Magda (Irina Sanpiter) ed i figli Antongiulio e Antonluca con continue lamentele e precisazioni, per poi rivelarsi uno scavezzacollo idiota che azzarda manovre pericolose con l’auto provocando un disastroso tamponamento a catena, portando così allo sfinimento la giovane e bella consorte che abbandonerà la famiglia per cadere tra le braccia dello sciupafemmine Raoul (Angelo Infanti).

“Magda, tu mi adori? – Sì…- E allora lo vedi che la cosa è reciproca?”

In seconda battuta il povero Pasquale Amitrano, grossolano e silenzioso italiano emigrato a Monaco di Baviera, che lascia a casa la moglie tedesca per compiere il suo diritto-dovere alle urne in patria e che si ritrova a fare i conti con una realtà ormai lontana dalla sua vita tranquilla in Germania. Tra furti e umiliazioni, lo sfortunato viaggiatore si vede smontare l’Alfasud ad ogni tappa lungo il tragitto fino a Matera, dove si riscatta nella mitica scena finale con uno sfogo da standing ovation.

“C’hanno fregato le borchie? Eh, lo fanno, lo fanno… lo fanno!” 

In ultimo Mimmo, stereotipo dei “bamboccioni”, che deve scortare la nonna (Elena Fabrizi) da Verona a Roma in un itinerario che svela l’inadeguatezza del ragazzo di fronte agli imprevisti, mentre invece l’energica donna, seppur anziana e piena di acciacchi, mostra saggezza e praticità anche nei vari contrattempi fatti di borotalco e calze a compressione graduata, buoni della farmacia inutilizzabili, deviazioni impreviste e alcuni incontri decisamente singolari, con una prostituta (Milena Vukotic) durante una sosta in albergo e con uno sgarbato camionista (Mario Brega) dalla mano fatata, meglio noto come “er Principe”.

“’Sta mano po’ esse fero e po’ esse piuma: oggi è stata ‘na piuma.”

Bianco, rosso e Verdone è un concentrato di comicità Made in Italy, con il regista romano in stato di grazia affiancato dalla straordinaria Sora Lella e dal mitico Mario Brega, con il cast impreziosito dalla presenza di Irina Sanpiter, Angelo Infanti e Milena Vukotic, e con la produzione meticolosa del grande Sergio Leone. Una pellicola/ foto ricordo di tempi più semplici e genuini da rivedere all’infinto e sempre volentieri, un film che ha fatto storia con alcune espressioni che sono diventate d’uso comune nel linguaggio parlato e tre protagonisti che sono diventati un vero emblema del nostro Paese, con un Carlo Verdone alle prime armi che riesce a farci ridere ancora, anche a distanza di quaranta anni.

Alcune curiosità sul film

• Sergio Leone non voleva scritturare Elena Fabrizi perché temeva che avrebbe creato problemi durante le riprese a causa della sua salute cagionevole.
• Nella locandina del film Pasquale Amitrano indossa erroneamente la maglietta di Mimmo.
• I colori delle automobili dei tre personaggi sono un omaggio ai tre colori della bandiera italiana: l’auto di Mimmo è una Fiat 1100 D verde, quella di Furio è una Fiat 131 Panorama bianca, quella di Pasquale è una Alfa Romeo Alfasud 1.2 rossa.
• Sergio Leone era molto dubbioso e scaramantico sul titolo del film a causa della pellicola del 1972 con Sophia Loren intitolata “Bianco, rosso e…” che non ebbe successo. Inoltre, non era convinto del personaggio di Furio, perché temeva che il pubblico lo avrebbe odiato, così prima dell’uscita del film organizzò una proiezione privata con Verdone, Monica Vitti, il calciatore Paulo Roberto Falcão ed Alberto Sordi. Quest’ultimo rimase davvero colpito dal personaggio di Furio e tolse così a Leone ogni dubbio.