Qui rido io (2021): Recensione
Qui rido io, recensione del film diretto da Mario Martone con protagonista Toni Servillo. Uscito nelle sale cinematografiche il 9 settembre 2021
VOTO MALATI DI CINEMA (8,5 / 10)
Presentato in concorso alla 78a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, Qui rido io è un film diretto da Mario Martone e scritto dal regista stesso in collaborazione con Ippolita Di Majo. Toni Servillo con il ruolo di protagonista si è aggiudicato il Premio Pasinetti al miglior attore.
Ci troviamo nella Napoli dei primi anni del Novecento per seguire le vicende di Eduardo Scarpetta, il più famoso attore e capocomico del tempo, il padrone del botteghino.
Interpretato dall’immenso Toni Servillo, Eduardo Scarpetta porta in scena in teatro insieme alla sua famiglia allargata (ha dei figli con tre donne imparentate che vivono sotto lo stesso tetto) la sua “maschera” più celebre, quella di Felice Sciosciammocca, personaggio comico che il pubblico adora.
I figli di Scarpetta – illegittimi e legittimi – hanno tutti delle parti nella commedia e nella compagnia: Domenico (Roberto Caccioppoli), il primogenito, si occupa della contabilità; Vincenzo (Eduardo Scarpetta) recita una parte e sarà il prossimo ad ereditare la maschera del padre; il piccolo Eduardo, dopo la sorella Titina, debutta con il personaggio di Peppiniello, in seguito affidato al fratellino Peppino.
La commedia che portano in scena, “Miseria e Nobiltà”, la quale riscuote così tanto successo tra il pubblico, viene presto affiancata da una parodia del dramma di D’Annunzio “Il figlio di Iorio”, intitolata “La figlia di Iorio”. Scarpetta e la sua compagnia rimangono affascinati dalla tragedia d’annunziana, tanto da volerla parodiare: perché non ci siano problemi per la rappresentazione, il capocomico si reca dal grande Vate d’Italia per chiedere il permesso di utilizzare la sua opera. Questo permesso gli viene concesso soltanto a voce, poiché il Poeta si rifiuta di lasciare una comunicazione scritta.
La compagnia di Scarpetta prepara lo spettacolo che va in scena al Teatro Valle di Roma, ritrovandosi tra i fischi di alcuni delatori messosi d’accordo per rovinare la rappresentazione e la carriera del capocomico. Ben presto Eduardo Scarpetta si ritrova querelato con l’accusa di plagio e contraffazione della tragedia di D’Annunzio: le accuse vengono mosse da alcuni poeti e scrittori uniti in una delle prime associazioni per la tutela del diritto d’autore.
Soltanto con l’aiuto di Benedetto Croce il capocomico sarà assolto da ogni accusa.
Il regista Mario Martone sceglie di dedicare le prime sequenze del film alla rappresentazione della commedia in cui recita la compagnia di Scarpetta: vediamo la messa in scena, le prove, la realizzazione dei costumi, il lavoro dei macchinisti. Insomma, ci viene offerto uno sguardo dietro le quinte e, soprattutto, nell’animo dell’attore che interpreta il personaggio.
Eduardo Scarpetta è un uomo di successo, è amato dal pubblico, amato dalle donne: gli innumerevoli figli ne sono testimonianza, anche se questi ultimi non amano il padre quanto il popolo dei Napoletani. Mario Martone getta nel personaggio di Vincenzo Scarpetta i semi di un profondo scontro generazionale tra chi, come Eduardo, è legato alle maschere e ad un repertorio stabilito da proporre ogni volta in teatro e chi, come suo figlio, cerca l’innovazione e si volge al futuro lasciandosi rapire dal cinematografo.
Anche il piccolo Eduardo – De Filippo, cognome della madre Luisa – non ha molto a cuore quell’uomo che da tutta la vita chiama “zio”, pur sapendo essere suo padre. Però, come lui, è appassionato di commedie, ha il compito di trascrivere i copioni per gli attori ed egli stesso scrive opere sull’esempio di Scarpetta (fino a diventare uno dei più grandi drammaturghi della scena mondiale).
Sullo sfondo del film, quindi, si respira l’atmosfera dei molteplici cambiamenti che il mondo subisce all’inizio del Novecento: lo stesso protagonista, da essere il comico applaudito, l’amante desiderato, l’uomo invidiato, diventa un vecchio provato dal processo per plagio, deluso, contrastato dagli stessi figli, abbandonato dagli amici e convinto che sia giunta l’ora finale per lui sulle scene. La macchina da presa lo mostra da solo e di spalle in riva al mare o tra le strade deserte di Napoli.
Toni Servillo offre a noi pubblico un’interpretazione fenomenale, ricca di pathos. È in grado di passare dalla recitazione teatrale – esuberante, eccessiva, con una spiccata presenza fisica del corpo – alla recitazione cinematografica che ritrasforma il suo personaggio in uomo comune che vive con le sue fragilità.
Mario Martone realizza un’opera che porta alla luce non solo la storia di una famiglia che ha segnato un periodo importante per la cultura teatrale italiana, ma anche una questione legale sulla quale ancora oggi si discute, ovvero quella che riguarda i diritti d’autore. Nonostante il regista, per farlo, scelga di ripescare la tradizione, utilizzare la lingua Napoletana – il film è accompagnato dai sottotitoli in italiano – per immergersi nel tempo e nel luogo del racconto, quest’opera cinematografica appare per molti versi più attuale che mai.