Tre piani (2021): Recensione

Tre piani, recensione del film diretto da Nanni Moretti presentato al Festival di Cannes 2021 e adattamento cinematografico dell’opera omonima di Eshkol Nevo. Uscito nelle sale italiane il 23 settembre 2021

VOTO MALATI DI CINEMA 8 out of 10 stars (8 / 10)

Sono tre le storie, che corrono su linee parallele, raccontate e sviscerate nel film: la storia di una famiglia dilaniata dal terribile rapporto padre-figlio, soprattutto dopo l’incidente provocato dal figlio ubriaco, in cui una persona perde la vita; quella di una donna sposata che tutti chiamano “la Vedova”, lasciata sola per lunghi periodi dal marito che lavora fuori città; e la storia di un padre ossessionato dal voler scoprire una verità che riguarda sua figlia di sette anni e il vecchio dirimpettaio, scomparsi per qualche ora e ritrovati in un parco.
Queste tre vicende sono tutte accomunate da un palazzo di tre piani, appunto, in cui vivono i protagonisti della storia.

La trama è molto fitta ed interessante, ma più che soffermarmi su di essa, ritengo opportuno evidenziare come in questa opera cinematografica siano le emozioni – violente, impetuose, intense – a dominare la scena.

L’amore di un padre per la propria figlia, si trasforma presto in ossessione, sete di verità e di vendetta nei confronti di un uomo anziano e palesemente malato: Lucio (Riccardo Scamarcio) è convinto che il vecchio Renato (Paolo Graziosi) abbia fatto qualcosa di brutto a sua figlia e non si dà pace nemmeno quando non c’è nessuna evidente prova di abuso. Pur di far luce su questa tremenda faccenda, Lucio si macchia di un crimine, viene denunciato e trascorre anni e anni di sedute in tribunale prima di essere assolto.
Nella stessa storia si assaporano l’ingenuità di una bambina, le fragilità di una ragazza innamorata di un uomo più grande e sposato, la risolutezza di una donna che non ammette che le si manchi di rispetto.

Parallelamente, Nanni Moretti porta sullo schermo anche la delusione profonda che Vittorio (Nanni Moretti), giudice di professione, prova nei confronti del figlio Andrea (Alessandro Sperduti), un ragazzo più volte colto alla guida in stato di ebbrezza. Vittorio non riconosce Andrea come suo figlio, sembra non trovarlo mai all’altezza, disprezza il fatto che il ragazzo non abbia appreso da lui alcun insegnamento. Ad un certo punto vuole il figlio fuori dalla sua vita, costringendo così la moglie a scegliere tra lui e Andrea. Dora (Margherita Buy), essendo una donna fortemente dipendente dal marito, seppur dilaniata da questa decisione, sceglie Vittorio e perde ogni legame con Andrea. È una donna disperata quella che vede suo figlio andar via e allontanarsi volontariamente da lei, ma il legame di dipendenza emotiva da Vittorio è troppo forte per essere spezzato, almeno non fino a quando arriva il momento propizio per una rinascita a tutti gli effetti.

La terza vicenda vede come protagonista Monica (Alba Rohrwacher), una neo-mamma un po’ spaventata, che affronta la solitudine insieme alla sua bambina: il marito, Giorgio (Adriano Giannini) è sempre fuori per lavoro e perde addirittura la nascita della sua prima figlia. Monica è una donna fragile, sua madre è in una clinica a causa di una malattia mentale, e lei stessa teme che con il passare del tempo potrebbe sviluppare gli stessi sintomi. La dolcezza, l’ingenuità che Alba Rohrwacher esprime con la sua interpretazione, portano lo spettatore a provare compassione per questa donna spaesata, che a volte sembra vivere in un mondo tutto suo.

Lo sguardo del regista Nanni Moretti si riconosce attraverso le inquadrature, i dialoghi, le pause, le dissolvenze a nero. L’intero film sembra raccontare delle storie sospese nel tempo, sebbene tutte abbiano un’evoluzione e una fine: lo spettatore viene immerso in questa atmosfera protetta, una bolla che, nonostante i punti di contatto con la realtà, presenta un seppur piccolo legame con l’irrealtà, la sfera del surreale.
Ad un occhio non allenato, il film potrebbe essere tacciato di “lentezza”, ma questa sensazione non va assolutamente confusa con la volontà del regista di assaporare ogni momento, immergersi come in apnea nel mare del racconto, fermare l’attimo e scrutarlo.

Consiglio vivamente la visione di “Tre piani”, non soltanto per i motivi elencati in precedenza, ma anche per la presenza di un cast di tutto rispetto, attori in grado di provare e far provare forti emozioni.