Freaks Out (2021): Recensione


Freaks Out, recensione del film diretto da Gabriele Mainetti su soggetto di Nicola Guaglianone. Uscito nelle sale italiane il 28 ottobre 2021

VOTO MALATI DI CINEMA 7.5 out of 10 stars (7,5 / 10)

Di Gabriele Mainetti si può dire tutto e discutere su quanto sia o meno un regista di talento (e lo è) ma non si può certo negare che sia un ragazzo con una grande inventiva. Questo suo “cinema di derivazione” sta pian piano entrando nell’immaginario collettivo e la cosa comincia a farsi interessante. Se con Lo chiamavano Jeeg Robot” aveva preso il genere supereroistico e lo aveva catapultato in borgata, tra bancomat smurati e scazzottate allo stadio Olimpico durante il derby Roma-Lazio, con Freaks Out Mainetti punta decisamente più in alto. Il bardo Gabriele prende un totem del cinema moderno come Bastardi senza Gloria (che cita spudoratamente in più di un’occasione, rendendo evidente il suo debito col cinema Tarantiniano) e torna ancora una volta sul genere supereroistico, fondendo insieme i due elementi. Il risultato è un cocktail esplosivo di puro cinema. Il cinema di genere, quello fracassone, quello fatto di pancia e messo in scena col cuore. Perché dopo Hiroshi Shiba e lo Zingaro, ci ritroviamo per le mani un altro manipolo di personaggi che difficilmente dimenticheremo.

Ma volete vedere che questo, zitto zitto, sta mettendo su un autentico Mainettiverse?

Nel centro Italia devastato dal secondo conflitto mondiale, un gruppo di circensi, quelli che in gergo si chiamavano fenomeni da baraccone, sbarcano il lunario con un circo itinerante in cui si esibiscono per pochi spiccioli. Nel “Circo mezza piotta” troviamo Cencio (Pietro Castellitto), un pischelletto albino zozzo e sboccacciato che ha il dono di comandare telepaticamente qualsiasi tipo di insetto; Fulvio (un irriconoscibile Claudio Santamaria), uomo dalla forza straordinaria affetto da una grave forma di ipertricosi, patologia che ha stravolto il suo aspetto fisico, rendendolo simile a quello di una bestia. Poi c’è Mario (Giancarlo Martini) un nano superdotato: oltre ad avere un pene enorme ed una sessualità dirompente infatti, Marietto è un vero e proprio magnete umano. La quota rosa della brigata è rappresentata dalla piccola Matilde (una giovane e bravissima Aurora Giovinazzo), capace di accendere lampadine semplicemente toccandole. E’ proprio Matilde però, la più giovane, a sembrare il freak col potenziale più alto tra i quattro, visto anche il suo disagio nel dover convivere con un potere che sembra dominarla più che essere da lei dominato. La baracca è tenuta su da Israel (un Giorgio Tirabassi che è sempre bello vedere sul grande schermo), vecchio prestigiatore ebreo che fa da collante per il gruppo, fungendo un po’ da manager e un po’ da padre. Le cose sembrano girare bene per il Circo Mezza Piotta ma dopo un bombardamento che li convince ad espatriare verso gli Stati Uniti, il gruppo viene preso di mira da un folle ufficiale Nazista (a suo modo anche lui un fenomeno da baraccone) che, sotto i deliri dell’etere, vede il futuro e scorge in quei quattro super-uomini l’unica possibilità di salvezza del terzo Reich, di cui ha previsto la caduta.

Freaks Out è un film che parla di un gruppo di emarginati tra gli emarginati, in continua lotta per sopravvivere in un mondo abituato a ridere di loro e dei loro poteri, per quanto straordinari possano essere. I “freaks” sono i diversi, gli ultimi, quelli che vengono rinchiusi in una gabbia, picchiati, abbandonati, esiliati. Sono persone abituate ad odiare il loro aspetto esteriore e che, in questo caso, convivono a fatica con i poteri che li rendono quello che sono. Perché loro così ci sono nati, non li ha morsi nessun ragno e non sono arrivati sul nostro pianeta da una galassia lontana. Sono come noi. Loro SONO noi. Ma loro, i freak, possono cambiare le cose, possono fare la differenza. Ed è un po’ quello che cerca di far capire Il Gobbo, truce ufficiale partigiano, mutilato dal conflitto e a capo di un manipolo di soldati che ricorda molto da vicino i bastardi capeggiati dall’Aldo Raine di Brad Pitt. Anche loro, storpiati e resi deformi da mille battaglie, hanno deciso di voler fare la differenza, pur ritrovandosi una mitraglietta al posto del braccio o la canna di un fucile a sostituire una gamba amputata. Loro così ci sono diventati e vedono riflessa la loro diversità negli occhi della piccola Matilde, convinta nel profondo a non dare sfogo al suo potere pur di non danneggiare altri esseri umani, fossero anche dei nazisti.

Un continuo gioco di specchi e di ribaltamenti di punti di vista rispetto alla condizione umana in cui i cattivi sanno essere veramente cattivi, ma anche i buoni, quando vogliono, mica scherzano.

Mainetti, a quattro mani con Nicola Guaglianone, butta giù una sceneggiatura infarcita di personaggi iconici e tratteggiati con una cura particolare, cura che trasuda amore come quello dei genitori per i loro figli. Peccato solo una certa superficialità nell’analizzare il background dei quattro protagonisti, che sarebbe potuto essere arricchito con qualche flashback qua e là e che invece viene raccontato in maniera sbrigativa con un paio di battute. A parte qualche sbavatura, infatti, lo script ha un ritmo serrato e spinge forte sull’acceleratore quando deve, prendendosi il giusto tempo per indugiare nella psicologia dei personaggi principali, senza però far calare l’attenzione dello spettatore. Mainetti, forte di un budget sicuramente superiore a quello del suo film precedente (si parla d 12 milioni di euro), gioca con la macchina da presa e si diverte come non mai, riempiendo lo schermo di soluzioni visive interessanti e mascherando sapientemente (quando deve) i limiti tecnologici imposti dalla produzione, che pure riesce a portare il cinema italiano di genere ad un livello superiore, avvicinandosi a quel concetto di blockbuster che mai sembra essere appartenuto al nostro cinema. Ora invece, guidati da un manipolo di giovani registi affamati, tra un Avengers e un Suicide Squad, con meno soldi ma con tanto talento in più, possiamo gridare fortissimo “A QUESTO TAVOLO CI SEDIAMO ANCHE NOI!”

Applauso a tutto il cast. A tutti, dal primo all’ultimo, con una menzione particolare per la giovane Aurora Giovinazzo, la cui Matilde entrerà sicuramente nel cuore di tanti. Ma bisogna avere a cuore Israel, Fulvio, Cencio e Marietto. Loro, tutti insieme, sanno farci ridere di gusto e commuovere per il loro legame viscerale. Ognuno è dipendente dalla diversità dell’altro ed è proprio questo a tenerli uniti: il sentirsi parte di una famiglia in cui possono essere visti per le persone che sono e non giudicati per la loro altezza o per quanti peli hanno addosso.

Andate in sala, prendetevi un bel sacchetto di popcorn e gustatevi Freaks Out, questo è il nostro consiglio. Perché questi sono quei film che ti fanno voler bene al cinema e che vorresti andare a rivedere il giorno dopo e quello dopo ancora. Un po’ perché è sempre bello guardare i nazisti morire sul grande schermo. E un po’ perché lui, il grande schermo, ci era mancato tantissimo.

Quindi quale modo migliore per dargli il bentornato se non con un grande film?