The King’s Man – Le origini (2021): Recensione


The King’s Man – Le origini, recensione del terzo capitolo e prequel di Kingsman: The Secret Service. Uscito nelle sale statunitensi il 22 dicembre 2021

VOTO MALATI DI CINEMA 7 out of 10 stars (7 / 10)

A distanza di quattro anni dal secondo capitolo, The Kingsman – il cerchio d’oro, Matthew Vaughn torna dietro alla camera da presa per dirigere il terzo film della saga ispirata alla serie a fumetti scritta da Mark Millar ed illustrata da Dave Gibbons. Le vicende narrano la storia che condusse alla fondazione dell’elegante agenzia di intelligence indipendente nota come ‘Kingsman’, rendendo, di conseguenza, questa terza opera della saga un prequel piuttosto che una evoluzione diretta delle vicende del nobile Harry Hart (Colin Firth) e del giovne Gary “Eggsy” Unwin (Taron Egerton).

Il primo film era riuscito a convincere pubblico e critica, si presentava come un prodotto fresco nonostante l’abusato filone a cui poteva venire associato, come per esempio i vari film di 007, sempre di matrice britannica, o la saga di ‘Mission Impossible’, per citarne un paio. Vaughn era riuscito a dirigere una pellicola interessante, seppur con una trama abbastanza lineare, che faceva forza su personaggi molto interessanti e su scene d’azione dirette con maestria in cui lo spettatore poteva rimanere incollato allo schermo senza, tuttavia, perdersi neanche un fotogramma, tutto ciò condito da colpi di scena ben assestati e totalmente inaspettati che davano il giusto twist alla narrazione. Se, però, il primo film risultava così riuscito per l’effetto novità e per una scrittura coraggiosa, con il secondo capitolo l’operazione appare meno riuscita, le caratteristiche del primo film venivano caricate eccessivamente – nonostante le scene di azione rimanevano comunque mirabili – e alcuni spunti di narrazione intrapresi con il primo film venivano vanificate in favore di una trama più ‘scontata’.

Con questa terza opera, il regista sceglie di approfondire i fatti che portarono alla creazione dell’agenzia segreta, ambientando, quindi, la storia nella cornice della Prima guerra mondiale, in cui un gruppo di potenti cerca di manovrare le azioni politiche dei diversi capi di stato per far iniziare la più grande e sanguinosa guerra che il mondo abbia mai visto fino a quel momento. Vaughn, in effetti, ha voluto ambientare la storia in questo particolare periodo storico motivato dalla voglia di creare una grande avventura epica:

Quando ero piccolo, al cinema c’erano film come Lawrence d’Arabia e non erano per nulla epopee noiose. Volevo ritornare a quel genere, era un desiderio che volevo esaudire” diceva il regista stesso.

L’assenza dei personaggi che abbiamo imparato a conoscere, e ad amare, con i precedenti film, sicuramente si fa sentire, anche se il cast risulta tutt’altro che impoverito con la presenza di attori del calibro di Ralph Fiennes (candidato all’Oscar per Schindler’s List e Il paziente inglese), Djimon Hounsou (candidato all’Oscar per In America e Blood Diamond), Daniel Brühl e Rhys Ifans, parlando di quest’ultimo la sua incarnazione cinematografica di Rasputin brilla per caratterizzazione ed interpretazione, porta sullo schermo un personaggio sfaccettato e votato all’eccesso che ha il pregio di polarizzare l’attenzione ogni qual volta che lo si vede in scena. Particolare, inoltre, la scelta di far interpretare a Tom Hollander tre personaggi distinti, seppur simili, come Giorgio V, Nicola II e Guglielmo II, ricalcando la storica somiglianza tra i personaggi realmente esistiti, operazione brillante e convincente.

La prima cosa da considerare, in fase di analisi, è che questa pellicola segna un deciso cambio di direzione rispetto ai precedenti lavori appartenenti al Franchise, la cosa più evidente è, sicuramente, il registro più serioso che Matthew Vaughn ha utilizzato, l’opera si prende decisamente sul serio e si lascia meno andare a scene grottesche e sopra le righe che caratterizzavano il primo film e che venivano, purtroppo, esagerate nel secondo. Le scene di azione sono decisamente divertenti e ben dirette, in linea con quanto abbiamo apprezzato precedentemente, se non addirittura migliorate, la sequenza di lotta con Rasputin è forse una delle scene di azione più belle di tutti e tre i film – probabilmente solo inferiore alla ‘Battle Royale’ in chiesa nel primo film – sia come coreografie che come movimenti di camera. La narrazione è scandita da tre macro-eventi che quasi vanno a distinguere altrettanti episodi diversi all’interno della stessa opera, non tutti riusciti allo stesso modo, secondo il mio punto di vista, e con un ritmo decisamente altalenante. Non mancano i consueti colpi di scena a cui il regista ci ha abituato con i precedenti lavori con eventi decisamente inaspettati a che colpiscono direttamente gli occhi e il cuore degli spettatori, ed altri decisamente meno riusciti.

The King’s Man – Le Origini è un buon film d’azione, la narrazione irregolare crea delle alternanze invadenti sul tono e sul ritmo della pellicola, dando vita a storie ben distinte quasi come tagliate con l’accetta. La solita vena ilare e grottesca viene cambiata in favore di un’intenzione più seriosa ed impegnata senza però riuscire a convincere fino in fondo. Convincono, invece, le scene d’azione che confermano la bontà registica di Matthew Vaughn e le sue interessanti idee, con movimenti di camera ed una direzione degli attori impeccabile.