Don’t Worry Darling (2022): Recensione

Don’t Worry Darling, recensione del film diretto da Olivia Wilde con protagonisti Florence Pugh e Harry Styles. Uscito nelle sale statunitensi il 23 settembre 2022

VOTO MALATI DI CINEMA 5 out of 10 stars (5 / 10)

Quando di un film si è interessati più ai retroscena e ai gossip legati alla produzione che al film in sé, non è mai un buon segno. E Don’t worry darling non fa eccezione.

Seconda pellicola da regista per Olivia Wilde dopo Booksmart, uscito nel 2019 e discretamente acclamato da pubblico e critica. Le attese erano molte per questa nuova produzione, ma tra divorzi, relazioni nate sul set, licenziamenti, smentite, Don’t worry darling ha finito per trasformarsi in un carrozzone di gossip che ha completamente oscurato il film stesso. Tanto che l’unica cosa che viene ricordata della sua proiezione al Festival del Cinema di Venezia è stato il presunto sputo di Harry Styles su Chris Pine.

Don’t worry darling è un thriller – horror ambientato in una cittadina degli Stati Uniti, Victory, negli anni ’50. La protagonista, Alice (una splendida Florence Pugh) è sposata con Jack (Harry Styles) e vive una perfetta vita da casalinga. Tra colazione con uova e bacon, faccende di casa, chiacchiere con le amiche (anche loro casalinghe), Alice aspetta il ritorno del marito amatissimo dal lavoro, pronta a servirgli la cena e a trascorrere con lui bollenti momenti di intimità. Ogni cosa sembra perfetta, ma quando una delle vicine di casa, Margareth, comincia a dare segni di squilibrio, anche Alice arriva a capire che dietro la superficie impeccabile dai colori pastello di Victory si nasconde qualcosa.

Se Don’t worry darling fosse stato un film con un regista sconosciuto, un cast di esordienti e nessuna aspettativa o desiderio di trasmettere un messaggio, sarebbe risultato un film godibile. Dimenticabile, ma godibile. Così non è perché si vede espressamente il desiderio della Wilde di voler comunicare qualcosa, di voler creare un film femminista. In questo caso, il risultato è pessimo. Olivia Wilde recupera temi e stilemi di altri film celebri, in primis The Truman Show. Ma se The Truman Show funzionava proprio perché noi spettatori conoscevamo la verità mentre Truman arrivava a scoprirla passo dopo passo, Don’t worry darling fa del mistero il suo centro nevralgico senza riuscirci, rendendo però esplicito sin da subito anche a chi guarda che “le cose non sono come sembrano”. Ciò che nasconde Victory viene portato avanti per troppo tempo e Alice impiega più di metà film per capire che qualcosa non funziona. Il colpo di scena, quando arriva, si è fatto attendere troppo e risulta deludente. Non solo perché la parte più interessante, ovvero come si è arrivati a quel punto, viene ignorata completamente, ma soprattutto perché, allo svelarsi del mistero, la testa dello spettatore si riempie di domande senza risposta e i buchi di trama diventano grandi ed evidenti come macchie solari. Il finale diventa così una corsa frettolosa e semplicistica verso quello che è “il finale perfetto”, con aggiunta di alcune scene che sfiorano il nonsense. Probabilmente, nella mente della Wilde doveva risultare un film sulla rivincita delle donne e la lotta al patriarcato, ma se da una parte il messaggio è fin troppo esplicito, dall’altra parte risulta totalmente vacuo e poco incisivo, quasi che la regista abbia deciso nel finale di buttare dentro tutto ciò che le sembrasse girl power, finendo così per creare un mappazzone di dialoghi superficiali e scenette piatte. Quando la volontà è di trasmettere un messaggio forte sul femminismo e, a film terminato, nella mente dello spettatore non nasce alcune domanda o riflessione sul tema, forse allora il messaggio non è arrivato o, come in questo caso, è stato espresso male.

Se la sceneggiatura fa acqua da tutte le parti, convincenti sono invece la scenografia, il reparto costumi e l’estetica generale del film. I patinati anni ’50 statunitensi sono perfettamente ricostruiti, dall’arredamento agli abiti dei personaggi.

Ad eccezione di Florence Pugh che regge sulle sue spalle l’intera baracca, il resto del cast non brilla particolarmente. Harry Styles, ancora alle sue prime prove attoriali, fa il suo dovere senza infamia e senza lode, mentre Chris Pine è sacrificato nel ruolo del misterioso fondatore di Victory che viene costruito come un personaggio chiave per poi affondare in un nulla di fatto.

In conclusione, Don’t worry darling è un film che, guardato senza pretese in un’oziosa domenica d’autunno, può essere di compagnia. Ma non aspettatevi una grande prova autoriale, un messaggio incisivo né una trama intricata ma ben funzionante. A conti fatti, forse risulterebbe più interessante trascorrere l’oziosa domenica d’autunno a leggere i retroscena del film sui vari siti di gossip.