Il Gotico: Storia di un genere perduto e ritrovato

Il Gotico: Storia di un genere perduto e ritrovato

Approfondimento sul Cinema Gotico con uno sguardo sui più grandi interpreti del genere da apprezzare, da Tim Burton a Mario Bava.

Quando si pensa al Gotico, ormai, il primo pensiero nella mente dello spettatore medio porta subito a Tim Burton, regista che è riuscito, nel tempo, a fondere in un’arte propria il Cinema Gotico e lo stile Glam, ma che sicuramente non ha bisogno di presentazioni; uno spettatore più attento punta poi il dito verso Guillermo del Toro, che ha deliziato i fan del macabro con film come Crimson Peak (2015).

crimson peak gotico

Ma davvero il Gotico si ferma a questi due registi? La risposta, ovviamente, è no.
Molti cineasti si sono cimentati nel Gotico facendolo proprio, e se proprio c’è da scegliere chi fra di essi l’ha portato all’apice non si può che parlare degli italiani, ma questa storia inizia ben prima di loro.

Se si vuol proprio essere meticolosi, va detto che tracce del Gotico sono visibili già negli anni ’20, per precisione in Germania, con i grandi capolavori del cinema espressionista come Nosferatu il vampiro (1922), Il gabinetto del dottor Caligari (1920), Il Golem (1920), insomma film contraddistinti da un’estetica cupa, fatta di contrasti tra luci ed ombre e con protagoniste creature oscure che prendono vita attraverso trame macabre, spesso occulte. È qui che il seme del Gotico viene piantato, facendo nascere circa dieci anni dopo i miti di Bela Lugosi e Boris Karloff, resi le star del gotico anni ’30 rispettivamente da Tod Browning e James Whale (registi di Dracula e Frankenstein).

Tale seme però fiorisce definitivamente all’inizio degli anni ’60. È infatti il periodo in cui la Hammer sforna i film che daranno vita alle fortunate saghe dedicate di Dracula, Frankenstein e la Mummia, diretti, inoltre, dal grande Terence Fisher, che con i suoi film ha reso Christopher Lee la leggenda che tutti conosciamo.

Il Cinema Gotico però non si ferma ai classici mostri, c’è stato infatti chi ha deciso di far riferimento ad altri autori piuttosto che a Bram Stoker; sto parlando di Roger Corman e del suo ciclo di film dedicato ai racconti di Edgar Allan Poe che hanno generato un’altra grande star: Vincent Price, nato, in un certo senso, nel Gotico e morto in esso. Parliamo infatti proprio di colui che ha interpretato il padre di Edward mani di forbice.

Quindi siamo già arrivati a Burton? Non proprio. Tra Corman e Burton c’è un regista a cui entrambi sono debitori, il maestro Mario Bava, a tutti gli effetti il più grande regista che abbia mai messo mano a questo genere, difatti, anche se il Gotico è arrivato in Italia grazie a I Vampiri (1957) di Riccardo Freda e ha prosperato anche grazie ad altri autori come Antonio Margheriti, Bava si può definire il vero padre del Gotico italiano. Egli non è forse il regista più prolifico in questo campo, ma è sicuramente il più originale.
La maschera del demonio è ancora oggi considerato il suo capolavoro, una sorta di film-manifesto del Gotico come lo intendeva lui, che ha donato a Burton lo sguardo giusto per girare Il mistero di Sleepy Hollow (1999) e non solo.

i tre volti della paura gotico

Tutti i più grandi registi, horror o no, fanno riferimento a Bava, da Corman a Burton, da Scorsese a Tarantino, tutti gli sono debitori, tutti hanno visto come egli avesse reso il Gotico più di ciò che era inizialmente, l’ha reso un cinema di pura fantasia, pura atmosfera, dove non è la complessità della trama a farla da padrone ma i colori, gli ambienti.

Il Gotico con Bava diviene pura sensazione, diviene silenzio, attesa, non è la creatura oscura la protagonista, ma il luogo in cui gli eventi della storia avvengono: il Gotico si trasforma in estetica.
I tre volti della paura (1963), Operazione paura (1966), Lisa e il diavolo (1973), questi sono solo alcuni dei film che hanno reso grande il cinema Gotico e il cinema di Bava stesso.

Il Gotico, dunque, per tutti gli anni ’60 sembra prosperare per poi cominciare lentamente a sparire, sarà che l’interesse del pubblico andò svanendo, sarà che iniziammo ad avere più paura di noi stessi che dei vampiri e dei lupi mannari, sta di fatto che il Gotico non ebbe più la fortuna di altri generi più popolari. Ad oggi, a parte il buon vecchio Tim, non rimangono che incursioni sporadiche di grandi autori all’interno di questo genere (come fecero Francis Ford Coppola nel 1992 con Dracula di Bram Stoker, il già citato Guillermo del Toro con Crimson Peak, Kenneth Branagh sempre nel ’92 con Frankenstein di Mary Shelley, o come farà fra non troppo Scott Cooper con The Pale Blue Eye) oppure i tentativi di nuove leve del cinema moderno, come Robert Eggers, nella cui filmografia lo spirito Gotico vive e dalla cui mente nascerà una nuova rilettura del Nosferatu di Murnau, come avvenne nel 1979 con Nosferatu, il principe della notte di Werner Herzog.

Forse è un male perseverare sulla stessa materia o forse, per rinascere, il Cinema Gotico ha bisogno di tornare alle origini.