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VOTO MALATI DI CINEMA (6 / 10)
Credits Photo: Salvatore Liguori
L’esordio registico di Brando De Sica è una favola, una fuga dalla realtà cupa e vede protagonisti due giovani sfortunati che credono nei sogni a scapito del destino crudele che li accomuna che però li ha anche fatti incontrare.
Mimì (un interessante Domenico Cuomo) è un adolescente timido ed educato, orfano e con una malformazione ai piedi. Lavora presso una pizzeria di Napoli dove il titolare gli fa anche da padre putativo cercando di proteggerlo da chi sa solo bullizzare chi ha un problema pensando di essere superiore e immune da critiche e giudizi.
Il film si concentra sull’incontro e la conseguente storia di amicizia e amore adolescenziale tra Mimì e Carmilla (una Sara Ciocca sempre più artisticamente matura), una ragazza che pensa di essere una discendente della stirpe del Conte Dracula ma in realtà è solo Renata, una dolce ragazzina complessata scappata di casa e trascinata in un gorgo di malessere e delinquenza senza che ne sia completamente cosciente.
Ambientata in una Napoli popolare e cupa infestata da bande criminali camorristiche con la passione per la canzone neomelodica, Mimì – Il Principe delle Tenebre è una commistione di generi che spazia dall’horror, al fantasy, al noir, allo splatter, storia di motivazione, dark comedy, un mix che non sempre funziona e in alcuni momenti genera proprio l’impressione di un sovvracarico e di un accumulo senza un preciso disegno.
Bravi gli attori a condurre i personaggi che sono chiamati ad interpretare nelle atmosfere più cupe e dark fino ai momenti di luce e di catarsi. Mimì e Carmilla godono di una scrittura puntuale e precisa e sono raccontati nelle loro più estreme sfaccettature e reggono una storia al limite, fino alla deriva vampiresca che è quella che prevale ad un certo punto spingendo il film in un’unica direzione che non ha ritorno e non è del tutto una scelta vincente.
Questo film d’esordio è comunque un inizio coraggioso di un regista alla sua prima fatica (esclusi i due precedenti girati con il padre Christian) che compendia in un’unica storia quanto più cinema di genere ha masticato e amato, cercando una sua interpretazione personale che ne sancisca lo stile che però risulta ancora molto ondivago e non sempre pienamente centrato.