Restiamo amici (2019): Recensione

Restiamo amici, recensione del film diretto da Antonello Grimaldi con protagonisti Michele Riondino e Alessandro Roja. Uscito nelle sale italiane il 4 luglio 2019

VOTO MALATI DI CINEMA 5.5 out of 10 stars (5,5 / 10)

Alessandro (Michele Riondino) è un medico pediatra sulla quarantina vedovo da sette anni, che vive assieme al figlio adolescente Giacomo.
A scuoterlo dal dolore per la perdita della moglie ci pensa Gigi (Alessandro Roja), vecchio compagno di avventure ed eterno immaturo, che lo convoca urgentemente nella sua casa in Brasile perché gravemente malato.
Una volta giunto, Alessandro riceve dall’amico un’offerta allettante: bisogna impossessarsi della somma di tre milioni di euro, depositata su di un conto svizzero, che il padre di Gigi ha lasciato in eredità a un eventuale figlio primogenito di quest’ultimo.
Il problema è che Gigi non ha figli. Perciò Alessandro dovrebbe “prestare” il suo Giacomo all’amico per farlo apparire al notaio e alla banca, tramite un falso esame del DNA, come suo figlio e dunque come erede.
Alessandro rifiuta con decisione ribadendo il suo senso di onestà. Qualche giorno dopo, Gigi muore.
Ma proprio nel giorno del suo funerale, l’amico riappare di nascosto ad Alessandro: s’è trattato di una messinscena.
Gigi torna a insistere spiegando che è davvero prossimo alla fine e che fa tutto questo per aiutare la sua ragazza brasiliana Fatima: si tratterebbe in fondo di una buona azione.
Stavolta il medico, anche allettato dalla parte del bottino che gli spetterebbe, accetta.
E così, mentre Gigi risulta morto per il resto del mondo, Alessandro si reca a Lugano dal mefitico notaio Brenner (Ivano Marescotti) per avviare la pratica successoria. Ma qui avrà una brutta sorpresa: esiste già un misterioso figlio primogenito di Gigi a cui spetta l’ingente somma.
Tornato in Italia infuriato, Alessandro chiede spiegazioni all’amico, che però ribadisce fermamente di non avere un figlio e soprattutto di non aver mai rivelato ad altri l’esistenza del testamento.
E’ evidente dunque che si tratta di un’ulteriore tentativo di imbroglio. Già, ma chi ne è l’architetto? Sembrerebbe essere Marta, una vecchia compagna di scuola dei due, ma qualcosa non quadra del tutto…
Insomma, quei tre milioni fanno gola a molti; ragion per cui occorre muoversi con rapidità. Parte da qui una truffaldina corsa all’eredità, una sorta di gara a chi è più furbo dell’altro – in cui viene coinvolto anche il terzo amico di vecchia data Leo (Libero De Rienzo) – la quale a sua volta dà il via a una girandola di intrecci e di colpi di scena (qui rigorosamente taciuti per rispetto dello spettatore) che tengono botta sino all’ultimo.
Il tutto mentre parallelamente si dipana la nuova e complicata storia d’amore di Alessandro con Bianca (Violante Placido), madre separata della fidanzatina di Giacomo.

Tratto dal libro Si può essere amici per sempre di Bruno Burbi, Restiamo amici è un film riuscito a metà.
La ragione è che ci si è concentrati eccessivamente sulla “dimensione orizzontale” dell’opera, ossia sulla trama intricata e sorprendente à la Ocean’s eleven (fatte le debite proporzioni).
Manca però la verticalità del racconto a causa di una sceneggiatura troppo leggera che non consente di approfondire i caratteri dei personaggi e di entrare nei meccanismi che ne giustificano i tanto decantati legami d’amicizia.
Le buone prove degli attori principali (su tutti Libero De Rienzo) non trovano il giusto contorno dei personaggi secondari, disegnati in maniera troppo superficiale e in adesione ai soliti cliché.
Debole anche il personaggio di Giacomo, figlio di Alessandro, nonostante nella struttura del racconto sia il trait d’union dei due plot narrativi, nonché elemento importante dello snodo action.
Paesaggio trentino visivamente poco valorizzato e colonna sonora non sempre ben armonizzata col ritmo del racconto. Ritmo che, pur essendo appropriato al plot della storia d’amore tra Alessandro e Bianca, non riesce tuttavia a scattare in avanti e a creare la giusta tensione nel blocco action.

Insomma, Restiamo amici è un’occasione quasi sprecata. Si poteva e doveva fare meglio avendo a disposizione un soggetto che, pur non nuovo cinematograficamente, rappresentava comunque una sfida molto allettante.
Probabilmente non ha giovato l’eccessiva brevità del racconto, concentrato in un’ora e venticinque minuti.
Sarà per la prossima volta.