Bianca (1984): Recensione

Bianca, recensione del film diretto e interpretato da Nanni Moretti. Uscito nelle sale cinematografiche l’8 marzo 1984

VOTO MALATI DI CINEMA 8 out of 10 stars (8 / 10)

Bianca racconta la storia di Michele Apicella, un giovane professore di matematica che si trasferisce nella sua nuova casa romana dove farà conoscenza dei vicini, tra i quali spicca un coppia (Massimiliano ed Aurora) alle prese con la routine quotidiana e con un simpatico anziano amante della vita (Sirio). Già in questi personaggi si legge chiaramente che Michele Apicella non è in grado né di vivere la vita né di avere una relazione significativa con il prossimo. Michele vive da solo ed è pieno di manie, fobie, ossessioni: igienista fino all’esasperazione, perfezionista, osservatore invadente e ossessivo degli altri, che giudica dalle scarpe che indossano.

La scuola dove insegna è la “Marylin Monroe”, surreale istituto in cui ci sono allievi più preparati dei professori, dove al posto della foto del presidente della Repubblica c’è quella di Dino Zoff. La trama si sviluppa attraverso strani omicidi nei quali vengono coinvolti alcuni vicini del protagonista. Il commissario incaricato delle indagini inizia a sospettare del professore, il quale accentua i suoi comportamenti nevrotici e ossessivi.

Il film narra anche della relazione sentimentale tra Michele e Bianca (una giovanissima Laura Morante), la nuova insegnante di francese. Michele se ne innamora subito ma l’amore per un nevrotico ossessivo non è una cosa semplice, anzi, un qualcosa che avrà un prezzo da pagare.

L’amore ai tempi del disturbo nevrotico ossessivo

Mi soffermerò all’interno di questa recensione proprio sulle dinamiche psicologiche del protagonista sia nella relazione con l’altro che nella relazione con sé stesso. Apicella non è capace di vivere la propria vita, osserva le vita degli altri, si riempie le giornate a pedinare e osservare gli altri. Guarda fuori ciò che non è capace di vivere dentro. Frase emblematica di questo aspetto è “La felicità è una cosa seria, no? Eccoallora se c’èdeve essere assoluta.” L’ideale di uomo felice è Sirio, amante della vita e delle donne. Vediamo come nel protagonista si creino delle idealizzazioni di condizioni esistenziali di felicità assoluta e ideale non raggiungibili. Michele Apicella guarda gli altri poiché incapace di guardare se stesso. La creazione di queste ossessioni e nevrosi lo tiene al riparo dalle emozioni. Ma quando il sistema crolla? Il sistema di difese nevrotico-ossessive crolla nel momento in cui Michele incontra Bianca e se ne innamora. Da quel momento in poi ciò che era visto negli altri Michele inizia a sperimentarlo su di sé. Questo sentire l’amore lo porta alla crisi. Perché quell’ideale tanto desiderato nel momento in cui arriva genera uno scompiglio? Michele nella relazione con Bianca inizia a interrogarsi sul significato di entrare in relazione ad un altro. Simbolica è la scena in cui Michele mangia delle caramelle e gliene offre a Bianca, ma poi si contraddice subito affermando che se gliene offre per lui non gli rimane nulla. Se Michele non viveva, ma guardava le vite altrui, nel momento in cui si innamora deve fare i conti con un principio fondamentale delle relazioni umane: “il dover rinunciare a qualcosa di sé per entrare in relazione con l’altro”. Michele professore di matematica inizia a comprendere che nell’amore la logica economica e dei conti può generare dei risultati in negativo e ciò genera crisi e confusione. Quindi da un lato Michele è minacciato sia dalle emozione che deve vivere anziché guardare fuori, e dall’altro lato incontrarsi con un altro che può chiedere e a cui deve dare qualcosa. La risposta nichilista e solipsistica del regista è quella di finire in prigione, come a dire non posso uscire dalle mie ossessioni e dalle mie nevrosi.

Bianca è un film travolgente sulla solitudine umana e sul ripiegamento su di essa, sull’incapacità di stare con gli altri. Da un lato il desiderio di vivere la vita come fa Sirio, di avere una relazione come Massimiliano e Aurora e dall’altro lato la pulsione di morte che impedisce di realizzare tali desideri e bisogni. Una pellicola che nonostante l’età continua a custodire un sarcasmo che racchiude una profonda malinconia.

Nell’immaginario collettivo alcune scene (la più famosa di lui che mangia la nutella, in cui la solitudine e la compensazione consumistica è ben rappresentata) e soprattutto alcune canzoni (Insieme a te non ci sto più, Il cielo in una stanza, Dieci ragazze, Scalo a Grado).
Vorrei concludere con una frase dal film: “Chi si vuole bene non dovrebbe perdersi”. Credo che questo sia il messaggio del protagonista che in realtà si perderà in se stesso.
Il film ovviamente è datato, ma è sicuramente un cult. Da vedere!