Ricordati di me (2003): Recensione

Ricordati di me, recensione del film diretto da Gabriele Muccino con Fabrizio Bentivoglio e Laura Morante. Uscito nelle sale il 14 febbraio 2003

VOTO MALATI DI CINEMA 6.5 out of 10 stars (6,5 / 10)

Ricordati di me descrive le ambizioni di quattro personaggi. Giulia voleva diventare una grande attrice, ma fa l’insegnante, Carlo un grande scrittore ma si ritrova a lavorare nel “commerciale”, ciò di più lontano dallo scrivere ci sia. Poi ci sono due figli. Valentina ha 17 anni è vuole entrare nel mondo del cinema (vuole fare la “velina”), e Paolo che ha 19 anni prossimo alla maturità vuole diventare qualcuno, ma è nessuno all’interno della sua relazione. Insomma, un quadro di ordinaria infelicità familiare.

La storia si sviluppa appunto attraverso il tentativo da parte di tutti di raggiungere questa tanto agognata realizzazione personale. Giulia si butta sul palco di un teatro dove si “innamorerà” del regista omosessuale. Carlo, al contrario, durante un raduno di ex compagni di scuola incontra la sua fidanzata di quando era giovane e si riaccende in lui una speranza di poter cambiare le cose. Valentina arriverà sotto i riflettori di un quiz televisivo grazie alla sua “determinazione”. Paolo vagherà alla ricerca di sé che lentamente prenderà forma nel momento in cui riuscirà a “fidanzarsi” e stare in un rapporto di reciprocità affettiva.

Il film ha sicuramente dei pregi e dei difetti. Le criticità più evidenti risultano in diversi momenti la poca profondità psicologica attribuita ai personaggi. Potremmo dire che sono soltanto “abbozzati”, ciò però si compensa alla bravura di Bentivoglio e Morante che sopperiscono a questa mancanza con una recitazione davvero ottima. Sono dei personaggi sbiaditi e poco definiti. Emblematica è la domanda che si fanno tutti a vicenda: “tu come mi vedi?”. Questo quesito sicuramente porta con sé da un lato un profondo bisogno di riconoscimento, ma dall’altro lato un’impossibilità ad ottenerlo.
E su questa domanda che mi vorrei concentrare. L’aspetto che mi ha colpito è la totale assenza di un dialogo tra i personaggi. Tutti non riescono a parlarsi, la domanda che si fanno è appunto come vengono visti dall’altro. Domanda che non trova mai una risposta. Ma questo altro è incapace di vederli e quindi è come se tutti fossero in un circolo vizioso in cui nessuno è in grado nè di vedere se stesso, né di vedere l’altro. Potremmo dire che sono dei personaggi monadici e per certi versi autocentrati. Tale condizione genera in loro frustrazione e soprattutto solitudine. Sia il titolo (Ricordati di me) che la frase emblematica (tu come mi vedi?) sottolineano la domanda d’amore che questi personaggi pongono all’altro. Tutti sanno che per realizzarsi hanno bisogno di essere visti e riconosciuti dall’altro, ma se l’altro non è capace di farlo? Il dramma sta proprio tra la domanda d’amore e l’assenza di una risposta d’amore.

Per questo motivo sono dei personaggi fondamentalmente soli. Un grande psicoanalista afferma che il bambino diventa adulto quando è capace di stare da solo. Per tale ragione occorre distinguere la capacità di saper stare da soli e la solitudine. Essere soli significa non aver un ritorno in termini affettivi dall’altro e ciò genera solitudine. Il finale buonista del film risolve tutto con un “volemose bene” che porta con sé una profonda verità. Nessuno può realizzare se stesso solo in funzione di sé, ma tutti hanno bisogno di un altro capace di accoglierci in termini affettivi. I personaggi del film riescono nel momento in cui riescono ad uscire da sé e vengono riconosciuti da un altro. Questo altro, però deve essere capace di rispondere alla domanda d’amore e di realizzazione che Giulia, Carlo, Valentina e Paolo pongono a sé, all’altro e al mondo.