Tanti auguri Woody: 85 primavere per il Filosofo del Cinema

Io e Annie ha consacrato il sodalizio artistico-sentimentale con la Keaton, dettando moda e stile

Attore, regista, scrittore, comico, commediografo e anche musicista. Oggi, Heywood Allen – ai più, noto come Woody spegne 85 candeline con una carriera alle spalle ricca di successi e numerosi riconoscimenti. Nato a New York – precisamente a Brooklyn da una famiglia ebrea – si distingue subito per la sua eterogeneità e versatilità di approccio all’arte tra teatri e spettacoli di cabaret. Già, perché se dai primi giorni di scuola, Woody, viene “promosso” in una classe superiore per il suo alto quoziente intellettivo, se in vari sport come il basket e il baseball si fa rispettare e, parallelamente, oltre al mondo della recitazione, inizia a districarsi anche nelle jam session di musica jazz (suonava il clarinetto ispirandosi a Woody Herman dal quale ha preso il nome), allora significa che qualcosa di diverso nel minuto ragazzo sbarazzino dai capelli rossicci c’era. E pensare che aveva anche provato a fare il pugile, ma dopo pochi mesi la famiglia volle che smettesse.

Palesemente ateo prende le distanze dalla religione fin da subito, infatti, nei suoi film, spesso si notano battute che connotano la sua visione. «Dio è morto, Marx è morto e anch’io non mi sento molto bene» avrebbe detto in Io e Annie, pellicola del 1977 vincitrice di ben quattro Premi Oscar come miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura originale e migliore attrice protagonista grazie a Diane Keaton. Sì, perché Io e Annie ha consacrato un sodalizio artistico tra Allen e la Keaton che andava ben oltre i set cinematografici. I due sono stati legati sentimentalmente per lunghi anni e, benché il regista newyorkese vanti un curriculum di tre matrimoni, possiamo dire che quello con Diane sia stato un vero e proprio coinvolgimento artistico-affettivo. Sette film all’attivo, ma diciamocela tutta: Io e Annie ha fatto la differenza e a confermarlo non è una pura discrezionalità, ma è obiettivamente la storia.

Il titolo originale del film, Annie Hall, già la dice tutta su quello che per Woody significava la Keaton. Già, perché il nome originale di Diane era Hall. Diane Hall. All’anagrafe era registrata così. Woody volle metter su una commedia – decisamente radical e anticonformista – per raccontare, forse, un po’ di sé e della sua compagna. Un’attrice già ben nota prima dell’era Allen che vantava un ruolo in prima linea ne Il Padrino di Francis Ford Coppola nei panni di Kay Adams, moglie di Michael Corleone interpretato da Al Pacino e figlio di Don Vito Corleone, impersonato da un superlativo Marlon Brando. Beh, un posto nella storia del cinema se l’era già guadagnato la Keaton. Inoltre, sembrerebbe che anche alcune scene siano state girate prendendo spunti dalla realtà: nel film si vedrà che la nonna di Annie (nomignolo usato da Woody per Diane) non approva il rapporto con il fidanzato della nipote. Stesso comportamento della famiglia della Keaton che, all’epoca, avrebbe mostrato ostilità nei confronti del regista per le sue origini ebraiche. Insomma, una sceneggiatura critica – di stampo “freudiano-alleniana” – che analizzava i comportamenti e gli stereotipi dell’epoca non risparmiando nessuno, tanto meno la famiglia della sua compagna. Non a caso il titolo iniziale era Anedonia (in Italia Io e le donne) che nel gergo psichiatrico vuol dire incapacità di provare piacere ai piaceri stessi che la vita ti riserva. Un titolo, però, ritenuto inadatto per una commedia perché troppo pesante. Ma Annie Hall dettò legge anche nello stile. Lanciò una vera e propria moda connotata da pantaloni a vita alta e bombati con le pieghe, giacche taglio maschile a spalle larghe, cravatte, gilet, bombette. Una moda per l’epoca antesignana del look hipster e tanto in voga ancora ai giorni nostri. Adorabile.

Io e Annie si è reso anche terreno fertile per tanti altri attori. Già, perché numerose quanto quasi impercettibili sono le comparse: una giovanissima Sigourney Weaver – alla ribalta più tardi in Alien – che interpreta un’amica di Alvy Singer fuori il cinema, una breve comparsa al telefono di Jeff Goldblum noto per Jurassic Park di Steven Spielberg, Christopher Walken nei panni del fratello di Annie, più tardi Premio Oscar come miglior attore non protagonista ne Il Cacciatore al fianco di Robert De Niro. Il sociologo Marshall McLuhan nella scena della fila al cinema e lo scrittore Truman Capote.

Insomma, una pellicola che si è rivelata singolare quanto irripetibile anche e soprattutto per volontà dello stesso ideatore che considerava «il sequelismo uno sfruttamento», solo «un mezzo per fare altri soldi», ma che è rimasta immortalata nella storia per il suo avanguardismo tecnico, metodologico e d’espressione (per la prima volta venne usata la tecnica spleet screen e i sottotitoli che svelano i pensieri dei personaggi). Tanto che l’American Film Institute, nel 1998, l’ha classificato al 31esimo posto delle cento migliori commedie statunitensi e nel 2015 il Writes Guild of America ne ha decretato la sceneggiatura più divertente di sempre, superando pietre miliari come A qualcuno piace caldo (Some Like It Hot) diretto da Billy Wilders nel 1959, con Marilyn Monroe, Tony Curtis e Jack Lemmon. Che dire: ancora auguri Woody. Grati per Io e Annie.