La vita davanti a sé (2020): Recensione
La vita davanti a sé, recensione del film diretto da Edoardo Ponti con protagonisti Sophia Loren e Ibrahima Gueye. Disponibile in streaming su Netflix dal 13 novembre 2020
VOTO MALATI DI CINEMA (7 / 10)
Candidato nella categoria “Miglior film in lingua straniera” ai Golden Globe, La vita davanti a sé (2020) è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 1975 scritto da Romain Gary. Il film è diretto da Edoardo Ponti, che collabora alla sceneggiatura con Ugo Chiti, prodotto da Palomar e distribuito da Netflix. Tante candidature e riconoscimenti anche per la canzone originale Io sì (Seen) composta da Diane Warren e scritta da Niccolò Agliardi, Laura Pausini e interpretata dalla stessa Pausini.
Dopo diversi anni, la mitica Sophia Loren torna sul grande schermo come attrice protagonista del film La vita davanti a sé, insieme ad un giovanissimo attore – Ibrahima Gueye – che dimostra di avere un sorprendente talento.
La Loren è Madame Rosa, un’ex prostituta ormai in età avanzata, che si occupa dei figli delle altre prostitute per guadagnare qualcosina. Ibrahima Gueye, invece, interpreta Momò, un ragazzino che il medico di Rosa ha preso provvisoriamente in affidamento in attesa di una famiglia affidataria e che, rendendosi conto di essere ormai troppo anziano, porta da Madame Rosa, nella speranza che lei possa dargli una mano.
Inizialmente il rapporto tra i due e conflittuale: Momò non è un ragazzino tranquillo, è orfano e pensa di aver trovato una sorta di famiglia nel luogo sbagliato, ovvero nel giro di amicizie di uno spacciatore della città che utilizza il ragazzino per vendere la droga.
Con il trascorrere del tempo, tuttavia, tra Momò e Madame Rosa si crea un legame: lei comincia a capire che il ragazzo ha bisogno di sentirsi utile, per cui chiede ad un suo amico negoziante di tenerlo in negozio per qualche lavoretto.
Momò ben presto si rende conto che Madame Rosa, il negoziante Hamil (Babak Karimi), Lola (Abril Zamora) – la mamma di uno dei due bambini accuditi da Rosa – e i due ragazzini che vivono con lui sono diventati ormai la sua famiglia. Il ragazzo comincia a prendere le decisioni giuste, allontanandosi dalle persone pericolose e affezionandosi sempre più alla padrona di casa.
Madame Rosa appare come una donna forte, autoritaria, eppure nasconde un lato fragile, timoroso, legato al ricordo doloroso dell’orribile periodo trascorso ad Auschwitz come ebrea deportata: Momò scopre che la donna corre a rifugiarsi in cantina, in una piccola e umida stanza, per sentirsi al sicuro nei momenti in cui si sente persa e spaesata.
Il rapporto tra i due si capovolge, è il ragazzino che si prende cura di Rosa e l’aiuta nei momenti in cui la donna non è del tutto lucida.
Edoardo Ponti mette in scena un racconto commovente che vede come protagonisti due esseri ai margini della società, ma che trovano conforto l’uno delle braccia dell’altra e viceversa. La potenza dell’interpretazione di Sophia Loren si avverte, dal suo personaggio traspaiono la forza e la determinazione proprie dell’attrice.
Il regista regala anche diverse inquadrature della città in cui viene girato il film, Bari, che mettono in risalto la bellezza di questa città: dal lungomare al centro storico alle campagne immense e incontaminate pugliesi.
Ritengo che La vita davanti a sé sia un incoraggiamento all’inclusione: ogni personaggio è il rappresentate di un’etnia, di una religione, di un diverso ceto sociale; eppure tutti vivono insieme, sotto lo stesso tetto, nella stessa cerchia di amicizie e in un’armonia che va oltre qualsiasi tipo di differenza.
Photo credits: Netflix