Wall Street (1987): Recensione

Wall Street, recensione del film diretto da Oliver Stone con protagonisti Michael Douglas e Charlie Sheen. Uscito nelle sale statunitensi l’11 dicembre 1987

VOTO MALATI DI CINEMA 8 out of 10 stars (8 / 10)

Bud Fox è un broker rampante ed ambizioso. Sogna di fare affari con l’uomo che ammira più di tutti, Gordon Gekko, considerato uno stratega della finanza, un uomo che in un attimo riesce a guadagnare una fortuna, con metodi ai limiti della legalità.
Dopo ripetuti tentativi e senza mai perdersi d’animo, Bud riesce a coronare il suo sogno.
Inizia così, tra i due, un rapporto tra mentore e discepolo fatto di inganni e sorprese, tradimenti e ripicche.

Oliver Stone dirige questo film che può essere considerato la fotografia più nitida dell’epoca reaganiana.
Se Rocky IV esaspera la guerra fredda ed esalta la politica estera dell’attore diventato presidente, Wall Street è un omaggio al lato oscuro del liberismo economico imposto dalla Casa Bianca; un capitalismo feroce e famelico, capace di creare notevoli squilibri di reddito e di dar vita ad una finanza spietata, amorale e spregiudicata.
Il film porta alla ribalta la borsa di New York, le contrattazioni, le repentine fluttuazioni dei titoli azionari, le manovre occulte che li condizionano, le informazioni che circolano e che incidono sugli operatori, con un linguaggio che, per i non addetti ai lavori, risulta di difficile comprensione.

Siamo di fronte alla perfetta sintesi tra yuppismo e capitalismo d’oltreoceano; la caparbietà e la tenacia del giovane Fox s’incontrano con la sete di denaro, perpetua ed incondizionata, dell’ambiente di cui egli stesso è parte.
Il lungometraggio ha il pregio di far conoscere una realtà prima ignota, in un ambiente saturo di adrenalina, rumoroso e caotico, che vede ogni giorno moltiplicare e bruciare denaro con disarmante disinvoltura.
Ed il denaro è la sola chiave del successo: si acquistano immobili, opere d’arte, partecipazioni societarie, compagnie aeree, da rivendere per ottenere un profitto sempre più alto, con un meccanismo che non conosce né fine né limiti.
Ed il concetto viene reso più chiaro nella scena in cui il guru Gekko, dal suo lussuoso ufficio dalla quale la Grande Mela appare maestosa, recita con enfasi, in un monologo divenuto un cult, l’apologia del capitalismo americano: il denaro non dorme mai, rovescia governi e cambia le sorti della nazione, che può salvarsi solo grazie all’infinita avidità di banchieri, magnati e manager.
E l’avidità è la peggior virtù di Gekko, un uomo distinto che s’ispira a Sun Tzu, parla francese, indossa abiti eleganti, frequenta circoli e ristoranti esclusivi, e viaggia con aerei privati. Ed egli introduce il giovane Bud nel gotha della società, dopo averlo sedotto con la possibilità di ottenere ingenti spettanze economiche.
Non occorre produrre ricchezza, basta possederla e trasferirla: e questo è l’unico comandamento che il maestro insegna al suo giovane discepolo.

Da un lato il lavoratore comune, come il padre di Bud, che ripara gli aerei di una compagnia e che diffida da quella realtà così effimera, in cui sembra che qualsiasi cosa possa quotarsi in borsa.
Dall’altro i finanzieri d’assalto, piazzisti e faccendieri, sempre a caccia d’informazioni e di scappatoie per non pagare le tasse, che inviano i loro guadagni nei paradisi fiscali, dietro consiglio del loro entourage di professionisti navigati.
Ma il vil denaro, ahimè, fa fare anche cose inimmaginabili ed è all’origine di comportamenti scorretti e riprovevoli, dettati dalla cupidigia e dalla vendetta.
Gordon Gekko viene interpretato da un Michael Douglas in stato di grazia, che presta il suo volto, magnetico, ad un personaggio che è tra i più iconici del decennio, un ruolo che lo consacra e lo identifica ancora oggi, a più di trent’anni di distanza dall’uscita del film.
Martin Sheen e Charlie Sheen sono padre e figlio nella vita e nel film: il primo è un anziano meccanico di aerei, il secondo è il giovane Bud Fox, ammaliato da Gekko. Nel film è evidente il contrasto generazionale tra i due: il padre di Bud è cagionevole di salute e può considerarsi un americano atipico, burbero, legato al lavoro e sospettoso dei guadagni facili.
Bud è invece figlio della sua epoca: uno yuppie desideroso come tanti di mettersi in mostra e interessato alla carriera e al denaro, a volte anche mettendo a rischio l’etica e la professionalità.

Nel film, che ha un cast quasi interamente al maschile, la parte femminile più importante è quella di Daryl Hannah: una giovane arredatrice d’interni che s’innamora del giovane Bud ma che deve tutto a Gekko.
E, a malincuore, sarà costretta a fare una scelta difficile.
Consiglio a tutti di vedere questo film, che guarda al sogno americano con realismo e lo analizza con cinismo, dietro la sapiente regia di Oliver Stone, che dedicò la pellicola al padre da poco scomparso.
Louis Stone era un agente di borsa negli anni del tragico tracollo del 1929, l’evento che spazzò via i sogni e i risparmi di una nazione giovane e produttiva e mise in ginocchio la prima economia mondiale.
Un fatto storico che, per quanto funesto ed ineluttabile, conferma in modo evidente e nel peggiore dei modi il mantra che l’irriducibile Gekko trasmette al neofita Bud : “È tutta questione di soldi ragazzo…il resto è conversazione”