Ron – Un amico fuori programma (2021): Recensione
Ron – Un amico fuori programma, recensione del film d’animazione in uscita nelle sale cinematografiche dal 21 ottobre 2021
VOTO MALATI DI CINEMA (7 / 10)
La riflessione che il film di Sarah Smith, J. P. Vine e Octavio E. Rodriguez innesca riguarda il tema sempre più attuale del ruolo predominante della tecnologia nella vita quotidiana di ciascuno di noi e la sua capacità di intervenire senza fine tanto nella nostra sfera privata, quanto in quella pubblica, tra uso e abuso dei social media e quello dei numerosissimi apparati digitali che tutti noi sfruttiamo quotidianamente poiché sempre più all’avanguardia e capaci di consegnarci in tempi brevissimi risposte e consensi.
Tutto questo muove le dinamiche di Ron – Un amico fuori programma che nel presentarci una realtà d’America rurale di provincia piuttosto anonima ma futuristica mette in scena le conseguenze devastanti e senza dubbio tragiche (anche se filtrate da una lente sempre ironica e buffa) di una sensazionale scoperta tecnologica legata ad un potente produttore e marchio come potrebbero esserlo al giorno d’oggi la Apple, così come Samsung e via dicendo.
Questa sorprendente scoperta riguarda la creazione di piccoli robot, i B-Bots che se installati e configurati nel modo corretto, ossia riempiti delle informazioni che i nostri profili social contengono, possono contribuire o meglio divenire i veicoli per una rapidissima conoscenza reciproca tra individui con conseguente nascita di un’amicizia sostanzialmente basata sul nulla, se non su like reciproci e poco altro.
I B-Bots dunque prendono il posto degli animali da compagnia, dei telefoni cellulari e anche dei computer, collocandosi a metà strada tra individuo e intelligenza artificiale, tanto che i giovani personaggi del film si accompagnano ai loro piccoli robot nel corso della loro intera giornata, dalle ore scolastiche a quelle casalinghe.
Che cosa accade però nel momento in cui un B-Bots privo di alcuna installazione o configurazione finisce nelle mani di un ragazzino considerato diverso poiché estraneo a qualsiasi logica social e per questo realmente radicato in una quotidianità concreta e sincera?
La ribellione, il caos e poi la nascita di etica e moralità interne alla macchina che facendosi persona sceglie o pensa di scegliere in collaborazione con chi è convinto di esserle padrone.
Tra la logica di Terminator e quella di Ready Player One, Ron – Un amico fuori programma muove i suoi passi seguendo i toni e i registri della commedia intelligente e sofisticata leggera che non per questo nega a sé stessa momenti di parodia molto distanti dai soliti film dalla produzione Disney&co.
Il film riflette inoltre sull’importanza della famiglia presentando un buffo nucleo familiare, quello dei Pudowski, composto dal piccolo Barney, da suo padre e dalla nonna ormai anziana ma non per questo priva di vitalità che tra momenti grotteschi e battute sopra le righe diverte e conquista l’intero pubblico.
La Locksmith Animation consegna alla Festa del Cinema di Roma, o meglio, al catalogo di Alice nella città, un divertente seppur superficiale film d’animazione che convince a metà, intrattenendo ad ogni modo un pubblico vario, dai più giovani agli adulti, senza per forza distanziarsi né dall’uno, né dall’altro nella ricerca (più o meno costante) di quel consenso tale da garantire un’attenzione duratura, priva di intervalli o annullamenti.
Scritto dagli autori di Il figlio di Babbo Natale, Peter Baynham e Sarah Smith, co-diretto da quest’ultima con Jean-Philippe Vine, Ron – Un amico fuori programma è un film che non sembra nutrire grandi ambizioni, come invece poteva accadere con titoli quali Inside Out o ancora Soul e che finisce dunque per accontentarsi di qualche sincera e intelligente risata e ancora una volta tenera (seppur superficiale) riflessione sul tema della tecnologia che sempre più spesso ci condiziona allontanandoci dalla realtà concreta ed emozionale dei fatti, delle persone e più in generale della vita.