Belle (2021): Recensione

Belle, recensione del film d’animazione diretto da Mamoru Hosoda, distribuito nelle sale cinematografiche giapponesi il 16 luglio 2021

VOTO MALATI DI CINEMA 5 out of 10 stars (5 / 10)

Dopo essere stato presentato in anteprima mondiale, fuori concorso, nella sezione “Cannes Première” al Festival di Cannes 2021 ed aver ottenuto successivamente distribuzione nelle sale cinematografiche giapponesi tra fine luglio e inizio agosto, Belle, l’ultima fatica dello stimato regista e animatore giapponese Mamoru Hosoda approda nel catalogo della 16esima edizione della Festa del Cinema di Roma senza ottenere il consenso e il successo sperato.

Belle si propone infatti, come lo stesso regista Hosoda tiene a sottolineare, come narrazione speculare o quantomeno decisamente ispirata alla nota favola della scrittrice francese Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, messa più e più volte in scena nel corso di anni e addirittura decadi di cinema, La Bella e la Bestia.

Ciò che sorprende del film di Hosoda, dopo titoli sicuramente innovativi e di spessore quali La ragazza che saltava nel tempo e ancora Summer Wars è proprio la mancanza pressoché totale di idee e inventiva con conseguente accozzaglia di scene, personaggi e trovate provenienti da un cinema estremamente distante dal suo che finiscono ben presto per annoiare e deludere anche il fan più sfegatato dell’autore giapponese.

Belle racconta infatti la doppia realtà di una giovane donna, Suzu che vive tra due sfere differenti seppur in strettissimo contatto tra loro, quella concreta e quotidiana che ciascuno di noi vive ogni giorno e quella social, o meglio ancora, interattiva che giochi di ruolo e piattaforme virtuali sono ormai capaci di creare a livelli altissimi, tali da indurre parte della popolazione giovane e non dell’oggi all’isolamento, pur di garantirsi una sopravvivenza forte e partecipata nella vita virtuale, ai danni di quella reale.

Il grosso problema del film è la sua volontà sempre più confusa di presentare due narrazioni parallele problematiche allo stesso modo cercandone in tutti i modi una solidità davvero inesistente: quella drammatica e tragica collocata nella realtà e quella invece cacofonica, estremamente luminosa e per certi versi delirante della vita interattiva di Suzu nel corpo del suo magnifico e sempre più celebre e attraente avatar che tutti chiamano Belle.

Se nella realtà Suzu sopravvive a stenti, negandosi a ciò che resta della sua famiglia dopo una tragedia che l’ha segnata per il resto della vita, nella dimensione virtuale Belle canta e affascina il pubblico più disparato che comincia a seguirla a livello globale, tanto da condurla sempre più velocemente verso il pericolo che in questo caso coincide con lo svelamento della persona reale al mondo intero, ossia l’innocente e silenziosa Suzu.

I temi del film risultano chiaramente attuali e aprono un sincero dibattito che si chiude nel momento stesso in cui Hosoda mescolando la narrazione della fiaba La bella e la Bestia al futurismo caotico e per certi versi action di Ready Player One e Matrix, e ancora allo stile assolutamente unico che gli è proprio e che si lega anche a molto cinema giapponese, fatto di una fortissima contaminazione tra generi, registri narrativi sopra le righe (talvolta equilibrati, talvolta spinti all’eccesso) e via dicendo, raggiunge l’involontariamente comico, il troppo pieno e l’esagerazione.

Il film comincia come dramma, si fa commedia, e poi ancora fantasy, coming of age movie, melò, cinema sentimentale e infine dramma senza tuttavia raggiungere quella profondità sufficiente a garantire non tanto la funzionalità e credibilità di scrittura e messa in scena (l’estetica di Hosoda nonostante tutto è interessante e visivamente forte), quanto l’interesse e la partecipazione minima che ogni spettatore dovrebbe provare nel seguire la vita della giovane Suzu tra realtà e mondo virtuale.

Hosoda non coglie nel segno, probabilmente per un’ambizione sproporzionata oppure per un deficit di scrittura che in questo caso osa troppo, o al contrario stancamente agisce nell’ammucchiare registri e toni fin troppo distanti tra loro e che finiscono ben presto per annullare qualsiasi possibile riuscita.
Un film che nemmeno i fan più accaniti di Hosoda potranno adorare e questo è davvero un peccato.
Il primo grande no di questa ROMAFF16 è dunque Belle di Mamoru Hosoda.