Les Amours imaginaires (2010): Recensione

Les Amours imaginaires, recensione del film scritto e diretto da Xavier Dolan. Uscito nelle sale cinematografiche francesi il 3 luglio 2010

VOTO MALATI DI CINEMA 8 out of 10 stars (8 / 10)

Le discussioni sull’amore sono al centro del secondo lungometraggio dell’allora ventunenne giovane regista Xavier Dolan (con alle spalle solo “J’ai tué ma mère” 2009 e di fronte altri sei film tra cui il premio della giuria a Cannes “Mommy” 2014).
La forte amicizia che unisce Marie (Monia Chokri) e Francis (impersonato dallo stesso regista) sembra essere messa a repentaglio dopo l’apparizione del giovane Nicolas (Niels Schneider) che irromperà nelle loro routine, estrapolando l’intimità più profonda dei due.

Nicolas si palesa come se fosse Dioniso, un Dio ibrido, Pasoliniano (basti pensare a Teorema 1967).
Infatti ricalca le caratteristiche dell’ “ospite” descritto da Pasolini, col suo fare inaspettato, spontaneo, sembra vivere senza giudizio, vive l’amore come viene; diversamente dalle due anelanti vittime che cercano in tutti i modi di farsi notare dall’inarrivabile Adone.

Il film è quasi per intero popolato da tremanti sequenze in primo piano; avvicinandosi e allontanandosi ai volti, ripetutamente, con veloci zoom il regista sembra voler invitare lo spettatore a fare lo stesso.
Tuttavia, il ricercarsi vicino alla psiche di Marie e di Francis non sembra così difficile, probabilmente chiunque si sarebbe lasciato invadere dal più spietato senso di gelosia: una bile fluida che sale lenta lenta, dallo stomaco fino alla gola, strozzandosi infine in un urlo incompreso (quello di Francis soprattutto) e in pacchetti di sigarette fumate da Marie alla velocità della luce.

Una riflessione sulle delusioni amorose, esplicitata dai dialoghi di un gruppo di giovani che parlano (ad intermittenza all’interno della pellicola) dei propri problemi, le proprie vicissitudini sentimentali, nelle quali il fruitore potrebbe certamente rispecchiarsi.
Dalle parole ai fatti, il Dioniso-Nicolas, un Dio biondo e riccio, spontaneo e puro, un fanciullo angelico che si contrappone perfettamente alle altre due figure duellanti, aggiunge al profilmico una scossa elettrica (ben visibile nell’uso delle luci neon monocolore), altrettanto presente nell’irrequietezza dei due amici.
Lunghe sequenze dal tempo rallentato, una sapiente (nonostante acerba) recitazione, unite all’uso di musiche (emozionante l’utilizzo di “Pass this on” di The Knife durante il ballo di Nicolas suggestivamente paragonato dagli occhi di Marie al David di Michelangelo) è la cifra connotativa di Dolan, che riesce a rapire l’occhio e il cuore di chi osserva.

Una battaglia silenziosa dunque, quella dei due oppressi, che provano ad arginare le loro pulsioni ineffabili non mostrandosele a vicenda. Si gioca a nascondino nel diramarsi di una foresta, una sfida fisica quanto effimera, quella dei sentimenti.
“Tu spari a me, io sparo a te” canta Dalida, come a voler ulteriormente sancire i bucolici affronti che hanno i due amici: accentuando i lunghi passi slow motion alla maniera di Sergio Leone nei suoi western, oppure durante la grottesca “lite” in campagna.

Les Amours imaginaires è l’embrione, è il novero delle capacità in potenza di quello che sarà il successivo Dolan: schietto e sensibile.
“Non è il mio tipo – No, neanche il mio”, eccolo il dito dietro al quale si celano i sentimenti di entrambi, un gioco che non vale la pena giocare se in realtà speri di essere trovato.