La Abuela (2021): Recensione

La Abuela, recensione del film horror diretto da Paco Plaza, uscito nelle sale cinematografiche spagnole il 23 settembre 2021

VOTO MALATI DI CINEMA 7.5 out of 10 stars (7,5 / 10)

Come noto, Paco Plaza, autore cinematografico spagnolo da sempre legato al filone horror, ha per certi versi rivoluzionato stili ed estetiche del genere con la sua celebre trilogia mockumentary zombie REC (2007-2009-2012), amata e ammirata globalmente e diretta in collaborazione con Jaume Balagueró – altro maestro della cinematografia spagnola horror e artefice di interessanti opere, tra le quali Fragile e Bed Time -, Adrian Des Champs e Manu Díez.

Giunto al suo quattordicesimo e per ora ultimo film, Paco Plaza sembra rifarsi in modo bizzarro e interessante a due film estremamente differenti l’uno dall’altro, a partire dall’estetica, fino alla scrittura, cioè The Neon Demon di Nicolas Winding Refn e The Skeleton Key di Iain Softley.

La Abuela, presentato in anteprima mondiale alla 69° edizione del San Sebastián International Film Festival e subito dopo alla 54° edizione del Sitges Film Festival approda con grande sorpresa all’interno della sezione dedicata all’horror e al bizzarro Le stanze di Rol della 39° edizione del Torino Film Festival.
Susana (Almudena Amor) deve lasciare la sua vita da modella a Parigi per tornare a Madrid. Sua nonna Pilar (Vera Valdez) ha appena avuto un ictus. Anni prima, quando i genitori di Susana erano morti, Pilar l’aveva cresciuta come una figlia e per Susana è giunto il momento di ricambiare l’affetto e l’attenzione ricevuti. Nella ricerca dunque di una persona fidata disposta a prendersi cura della nonna anziana e malata, Susana si accorge sempre più rapidamente che qualcosa di oscuro la sta distruggendo psicologicamente. Qualcosa che non riesce e non può spiegarsi. Poco alla volta quelli che dovevano essere pochi giorni si trasformano in un incubo terrificante che non ha né fine, né speranza.

Il cinema horror capace di generare tensione, shock e talvolta trauma è quello che nel dialogare con lo spettatore sceglie di non mostrare più del dovuto, o quantomeno di non esplicitare il suo oggetto d’interesse – che sia esso un fantasma, una presenza demoniaca, uno psicopatico, o un temibile assassino – finché il contesto e le atmosfere non siano riuscite a costruirne l’epica e trasmetterne dunque sensazioni e ambiguità.

La Abuela di Paco Plaza seguendo questo ragionamento si fa cinema horror intelligente sul non visibile, in cui tutto ciò che genera ansia, paura e agitazione nello spettatore agisce e vive nel buio e nella psicologia sempre più in crisi di Susana poiché frammentata e soggiogata da qualcosa di molto più demoniaco e crudele degli zombie dei REC, piuttosto che dei mostri o fantasmi del cinema horror canonico.
Non c’è una grande varietà d’ambientazioni, piuttosto un unico ed elegante appartamento, all’interno del quale Susana e l’anziana nonna Pilar si osservano fino a sfidarsi (probabilmente), poiché il male, al contrario di quanto Susana inizialmente sembra aspettarsi, non è destinato a subire una vera e propria incarnazione e dunque mostrarsi.

Un vero e proprio horror da camera, con porte che si aprono nella notte buia e silenziosa e sinistre vocine che dialogano tra loro, e così anche sussurri, scricchiolii e maledizioni.
Paco Plaza scostandosi dalle tecniche mainstream sempre più abusate dal genere di riferimento realizza un ottimo modello di cinema horror capace di ragionare davvero efficacemente e con una spietatezza lucida e senza precedenti sulle conseguenze dell’invecchiamento rispetto al corpo e alla mente di ciascuno di noi.
Un film nel quale la bellezza non è altro che un macigno, o meglio una trappola che se inizialmente sembra condurre verso il raggiungimento della felicità e del successo, finisce ben presto per soddisfare l’esatto opposto, ossia il crollo, la distruzione e forse anche la morte.