Red (2022): Recensione

Red, recensione del film d’animazione della Pixar, disponibile in streaming sul canale Disney+ a partire dall’11 marzo 2022

VOTO MALATI DI CINEMA 7.5 out of 10 stars (7,5 / 10)

Fresca della vittoria dell’oscar per Encanto, Disney lancia sulla sua piattaforma di intrattenimento streaming ‘Disney +’ il nuovo e coloratissimo lungometraggio animato targato Pixar, ambientato, questa volta, in una coloratissima e caratteristica Toronto.

L’opera diretta da Domee Shi vede come protagonista della vicenda Mei Lee, una ragazza di tredici anni che frequenta l’ultimo anno delle scuole media insieme alle sue tre inseparabili amiche Miriam, Priya e Abbey. Mei Lee è notevolmente intelligente e spigliata ma fortemente dipendente dal legame materno, nella quale la madre iperprotettiva tende a spegnere ogni forma di distrazione che reputi inappropriata per la sua formazione, come la passione per la Boy Band 4Town. La storia sarà destinata a cambiare drasticamente quando la nostra protagonista dovrà fare i conti con una antica maledizione che colpisce tutti i membri femminili della sua famiglia, trasformandola in un gigantesco panda rosso.

La metafora della crescita, proposta attraverso una vera e propria trasformazione fisica, è usata per accompagnare il cambiamento della giovane protagonista e la scelta di farlo attraverso le fattezze di un panda rosso permette di caratterizzare gli aspetti canonici di questo importante passaggio di vita. Il panda minore (o panda rosso) è un animale caratteristico dell’oriente la cui dolcezza visiva aiuta a mantenere l’idea di una tenerezza che comunque è propria di chi ancora non è adulto, nonostante poi sia soggetto ad improvvisi attacchi di ira, quasi come a voler esemplificare i turbamenti adolescenziali. Il colore rosso diviene simbolo del cambiamento chiave in una giovane donna, il menarca, una scelta che aiuta a demolire certi taboo visivo-narrativi che non dovrebbero essere propri di questo periodo, nonostante avrei preferito che rimanesse un sottotesto da analizzare in fase di analisi piuttosto che sceneggiare gag eccessivamente didascaliche che accompagnassero a braccetto lo spettatore verso l’associazione visiva.

La buona riuscita dell’intento educativo è garantita da una prima di oculata caratterizzazione dei personaggi. Mei Lee ci viene fin da subito descritta come una sognatrice – esattamente come ogni ragazza o ragazzo di quell’età – in cui il pensiero che ha di se stessa e di quello che trasmette intorno a lei, forse non rispecchia esattamente la realtà. Nonostante si dipinga come una ribelle che stringe fortemente il suo destino tra le mani, in realtà Mei Lee è ancorata ai doveri familiari e scolastici, aiutando i suoi genitori tutti i pomeriggi e collezionando il massimo dei voti in ogni materia. Una volta che quest’ultima non è presente in scena, la realtà si distacca notevolmente dal mondo fittizio che Mei ha creato nella sua testa, presentandoci il personaggio secondo la descrizione compiuta da se stessa e, allo stesso tempo, come viene vista da chi la circonda. Nonostante questo, però, la dicotomia tra ciò che è reale e ciò che è invece frutto della fantasia della protagonista si perde velocemente, facendosi sfuggire la possibilità di attuare un interessante discorso narrativo sulla percezione di se stessi.

La crescita e la creazione di una propria identità individuale sono al centro della ricerca di quest’opera, la protagonista dovrà imparare a tenere testa ad una madre che tende ad annichilirla dal punto di vista relazionale – facendolo chiaramente con le più nobili intenzioni, dal suo punto di vista –. Questo primo Focus iniziale permette anche al pubblico più adulto di immedesimarsi nelle vicende che si susseguono a schermo. Ming Lee, madre di Mei, si trova improvvisamente a dover fare i conti con tutte le difficoltà di vedere sua figlia sperimentare le prime pulsioni, le prime ribellioni e il rifiuto dell’autorità. L’empatia scaturita nei genitori, che magari in quel momento stanno riscontrando lo stesso tipo di difficoltà, permette di veicolare un messaggio educativo che non sia rivolto solamente ai più piccoli.

Se da una parte il messaggio della lotta con se stessi e delle liti familiari come fulcro conflittuale della vicenda permette di portare un bel messaggio su cui riflettere, dall’altra la scelta per l’ennesima volta di non includere un vero e proprio antagonista continua a non convincere pienamente, soprattutto ricordando come i grandi villain del passato erano sia in grado di educare, in maniera indiretta ovviamente, e di portare in scena personaggi interessanti ed accattivanti.

Red è un prodotto molto interessante sia per l’argomento che tratta e sia per la realizzazione tecnica in cui spicca per merito di una fotografia coloratissima giocata sui toni pastello, scelta che regala un’ambientazione fiabesca, tenue e gentile. Un Coming of age intelligente e maturo che fornisce diversi spunti di riflessione e alterna momenti toccanti a puro divertimento cinematografico. Molto consigliato.