Memento (2000): Recensione

memento

Memento (2000): Recensione

Memento, recensione del film scritto e diretto da Christopher Nolan, tratto dal romanzo Memeno Mori del fratello Jonathan. Uscito in anteprima a Venezia il 5 Settembre 2000.

VOTO MALATI DI CINEMA 8.5 out of 10 stars (8,5 / 10)

Christopher Nolan si consacra come regista nel 2000 con il suo cult Memento, adattamento del racconto scritto dal fratello minore Jonathan. Nel 2002 ricevette anche le candidature ai premi Oscar per miglior sceneggiatura originale e miglior montaggio e ad oggi è considerato uno dei film più importanti del nuovo millennio. Girato in soli 25 giorni con un cast selezionato: Guy Pearce protagonista affiancato da Carrie-Anne Moss e Joe Pantoliano.

“Non riesco a ricordarmi di dimenticarti”

A causa di un trauma cranico dovuto ad un’aggressione, Leonard Shelby soffre di amnesia anterograda che gli impedisce di assimilare nuovi ricordi. Sviluppa così un sistema di memorandum con post-it polaroid e tatuaggi per trovare il colpevole della morte della moglie.

La struttura filmica è composta da due linee temporali: le scene in bianco e nero sono soggettive e cronologicamente consequenziali, ci mostrano i flashback dello smemorato Leonard e si collocano in mezzo rispetto alle scene a colori che sono le oggettive, quella realtà che il protagonista vive nel presente, dove ogni 10 minuti si dimentica tutto quello accaduto negli istanti precedenti. La narrazione viaggia al contrario, partendo dall’ultimo segmento (la scena d’apertura dove ci viene mostrato il finale del racconto a livello temporale) fino al primo (il finale, che nel contesto di narrazione risulta il primo). Grazie a questa complessa e articolata particolarità il montaggio del film è passato alla storia.

Nolan non rappresenta solo un racconto di vendetta fine a se stesso, ma scende più nel profondo analizzando la mente umana e le sue infinite potenzialità, che a volte si rivelano armi a doppio taglio. Leonard ha come unico obiettivo quello di trovare l’assassino di sua moglie e a causa della sua amnesia la mente gli crea “falsi ricordi” e realtà immaginarie nella quale si perde, spinto solo da quell’amore viscerale, intangibile, che sfida le leggi del tempo e dello spazio, che ritroveremo anche più avanti nella filmologia del regista britannico.

Per tutta la durata del film ci immedesimiamo con il protagonista, ci sforziamo insieme a lui di sciogliere il rompicapo aiutandolo passivamente a mettere insieme i pezzi dei suoi ricordi; alla fine siamo sopraffatti e inermi di fronte alla fragilità umana.

“Tu non puoi sapere la verità. Tu crei la tua verità”