Monkey Man (2024): Recensione

Monkey Man

Monkey Man (2024): Recensione

Monkey Man, recensione del film diretto e interpretato da Dev Patel. Uscito nelle sale statunitensi il 5 Aprile 2024.

VOTO MALATI DI CINEMA 5 out of 10 stars (5 / 10)

Credit photo: © Universal Studios. All Rights Reserved.

La vendetta è uno stimolo fortissimo ed è il motore che spinge l’azione del protagonista alimentando un’ escalation sempre più violenta che non lascia spazio a nessuno ripensamento.

In “Monkey Man” un bambino appartenente ad una casta poverissima in un’India arcaica dove il riscatto sociale è impossibile da perseguire per coloro che sono nati nel gruppo sbagliato e dove una percentuale bassissima della popolazione detiene la ricchezza dell’intera Nazione e chi è più potente comanda sul più indigente come se fosse normale comportarsi in questo modo.

Un’ opera prima che è un battesimo di fuoco, una trama intrisa di citazioni, omaggi e rimandi a film di genere action di fama mondiale. Il regista affastella tante storie sommandole una sull’altra senza mai approfondirle nella giusta proporzione e come avrebbero meritato. Il risultato è una montagna di elementi accatastati alla rinfusa in cui ci si perde letteralmente e anche ci si chiede perché sia stato necessario gonfiare a dismisura un racconto che avrebbe magari potuto essere tacciato di semplicismo ma non avrebbe ingenerato un tale caos.

Le azioni sono frenetiche, velocissime. Il montaggio è serrato, senza tregua.

Il film è un continuo rimando alle pellicole di Tarantino, un parallelismo con la saga di John Wick e un omaggio a Jackie Chan e ai grandi maestri delle arti marziali.

Il tutto rivisitato con le atmosfere della Bollywood più sfavillante e colorata.

Una sorta di trasferta dell’action movie americano in Oriente con tutto il codazzo di luoghi comuni, compresa la giovane ragazza prostituta da redimere e salvare dall’orrore.

C’è tanto, troppo in questo film. Troppa carne al fuoco che brucia ma non si cuoce bene. Un film che strizza l’occhio agli amanti del cinema di genere, disturbante, infarcito di combattimenti e sangue che sgorga copioso da corpi che sono crivellati, martoriati per gran parte della durata.

Dev Patel non si risparmia in scena, mette a nudo il suo statuario corpo e non si sottrae ad una violenza cieca e cruda.

È l’assoluto protagonista e si autodirige per la prima volta al suo debutto registico. Nella vita reale è cintura nera di taekwondo e si percepisce molto bene. In tutte le scene di combattimento e sono davvero tante, lunghe e molto ben orchestrate Dev pugnala, sgozza, sventra e taglia come un lanciatore di coltelli accecato dalla vendetta volendo risultare ancora più feroce e spietato della tragedia subita. Lo stile di allestire sequenze di lotta tirando lo spettatore nel mezzo non è una novità ma in questo caso si assiste all’apoteosi e alla massima estremizzazione. Chi assiste in poltrona esce dalla visione suonato e stordito come se fosse stato al centro della rissa.

Un film di nicchia nel senso che potrà entusiasmare l’amante del genere revenge, action movie e l’appassionato di arti marziali, che proverà a portare dalla sua parte anche chi non ama particolarmente la visione costante di sangue e lotte. Anche per questo il regista introduce due elementi che rimangono però forzati e mal si legano con la storia principale. Un bambino diventato adulto si introduce negli ambienti ricchi e corrotti che hanno sterminato la sua famiglia lasciandolo solo e addolorato per vendicare i suoi cari.

Già sviluppare questo tema sarebbe stato più che sufficiente.

Invece si aggiunge la parte mistica legata al culto delle divinità e alla protezione degli Dei e la critica alla società indiana chiusa e corrotta. Due filoni che rimangono troppo in superficie, che non introducono elementi che possano fare comprendere e spiegare tradizioni millenarie e complesse. Anche il tema sociale rimane poco incisivo. Attaccato il sistema, criticato ma sostanzialmente combattuto utilizzando le stesse armi di sopruso e bieca violenza. Risulta un atto di denuncia poco maturo ma soprattutto sterile.

Un film troppo ambizioso che cerca di trovare una propria strada e una propria voce ma ricalca il solco del passato cinematografico e si dimostra tanto copia di qualcosa di già visto che non esprime in pieno una sua piena originalità. Avrebbe conseguito un risultato migliore l’essersi concentrato su un tema solo senza per forza voler parlare di una cultura millenaria con riti, tradizioni, miti e religioni così ricche e articolate da non poter essere compresse per poter essere comprese.